CHIARA GABRIELLI
Cronaca

Ospizio, il grido dei cittadini: "Furti continui e spaccio, così è difficile anche lavorare. Situazione fuori controllo"

Dall’avvocato che ha lo studio in zona al titolare del De Gustibus: "Risse a bottigliate e bastonate per questioni di droga. Il crack qui ormai è diffusissimo e manda fuori di testa chi ne fa uso".

L'avvocato Stefano Papa e il titolare del De Gustibus, Giovanni Mara

L'avvocato Stefano Papa e il titolare del De Gustibus, Giovanni Mara

Se vi trovate a passare dalle parti di via Emilia Ospizio, appena fuori dal centro, noterete subito che ci sono due mondi costretti a convivere, l’uno dentro l’altro. C’è quello delle attività, piccole e grandi, che vanno avanti con fatica, sacrifici quotidiani ma anche tanta passione per il mestiere. Poi c’è l’altro, nemmeno troppo nascosto, fatto di ombre, angoli bui, sguardi spenti. Fatto di crack, elemosina, furti. Disperazione e povertà. Lì vivono esistenze dette ‘invisibili’ ma che invece ‘invisibili’ non sono. Lo sanno bene i commercianti e residenti della zona. Qualcuno ha ben visto com’è cambiato il quartiere nei decenni. Come Giovanni Mara, del negozio De Gustibus, che offre a una clientela affezionata panini gourmet e altre delizie: "Sono cresciuto qui, nella prima cintura del centro – racconta –. Conosco questa parte di città e il suo tessuto sociale, amo questo posto". Ma è tutta un’altra storia rispetto a 20 o 30 anni fa: "Il quartiere una volta era un gioiellino, da ragazzini i genitori ci dicevano di rientrare a una certa ora la sera ed era tutto: trascorrevamo la giornata in mezzo alla strada, a giocare a pallone o in ludoteca, a girare in bici, magari usciti da scuola, direzione piscina. L’unico pericolo ai tempi era di cadere e farsi male. La sensazione di insicurezza, costante, che si respira oggi qui non esisteva ai tempi della mia infanzia". Ora, invece, "i furti a negozi e auto sono all’ordine del giorno o quasi, capita anche che si prendano a bottigliate o a bastonate per questioni di droga, litigano, scappano". Contro una vetrina poco distante, l’altro giorno hanno lanciato un grosso masso, senza riuscire a romperla, dato che era antisfondamento. Pure al bar di fronte hanno provato ad entrare, senza successo. Ma queste sono ‘inezie’, spiegano. Nel parcheggio dietro la banca, verso lo stadio Mirabello, ecco quello che tutti chiamano ‘il covo dello spaccio’, dove parcheggiano i dipendenti dell’istituto e di altre attività. "La banca – spiega chi vive la zona – ha fatto sistemare lo slargo a sue spese, potando gli alberi, per cercare di ridurre l’effetto angolo nascosto. Ma purtroppo continuano ad andarci per vendere e acquistare droga, oltre che per spaccare le auto in sosta e prendere quello che trovano dentro". Da queste parti, quando finiscono di lavorare ed è già buio, impiegati e commercianti provano a evitare i vari bivacchi. Dall’associazione di promozione sociale Reggio Civitas sottolineano che comunque "la situazione del quartiere è in miglioramento".

Molti commercianti e residenti, però, ribadiscono che la zona non può dirsi sicura. Tutt’altro. "Diversi negozi – spiega Mara – hanno chiuso o si sono trasferiti". Stefano Papa, avvocato, ha lo studio nel quartiere: "Sono un cliente quasi abituale di De Gustibus – si definisce –, una delle cose di qualità che arricchiscono il territorio, grazie alla cultura e all’esperienza di Giovanni". Ma, "quando esco dallo studio, devo dire che ho paura. Si incontrano soggetti strani, in particolare l’uso del crack, che è diffusissimo, li manda completamente fuori di testa e per di più hanno necessità di rifornirsi sempre. Ne ho incontrato uno poco fa, era senza scarpe. Immaginate cosa significhi camminare senza scarpe a gennaio. Questo per dire che non fanno una bella vita. Quella non è vita. È evidente che qualcosa nell’accoglienza non funziona. Questa città ha sempre avuto la cultura dell’accoglienza sia come orientamento politico che come storia della gente. Ma si è passati dalla cultura dell’accoglienza a quella dello sbando. Con la filosofia dell’aggiungi un posto a tavola, ripetuta all’infinito, si finisce per rubarsi il pane l’uno con l’altro perché non ce n’è più abbastanza. La cultura dell’accoglienza è rimasta nel cuore di tutti ma a un certo punto si arriva a mal tollerare una situazione di degrado sociale evidente – sottolinea Papa –. Chiaro che l’ultimo che arriva e che non ha lavoro disturba. Peraltro, se vengono presi per furto e poi sono subito rilasciati, cosa pensano? Che non gli potrà accadere mai nulla". Il punto, secondo Mara e Papa, è che non si può più ignorare questa situazione, non è possibile fare finta di niente: "Io ho subito già diversi furti e non è nemmeno un anno che ho aperto – dice Mara –, ho fatto il battesimo del fuoco. Mi hanno preso il telefonino dal bancone mentre ero un attimo nel retrobottega, poi la bicicletta. L’ultimo episodio, il più grave, un mese fa, quando sono entrati dopo aver segato le sbarre e si sono portati via salumi e formaggi, in tutto 4mila euro di roba. Allora ho installato un allarme, due telecamere e il congegno sparafumo. Ma serve un presidio fisso delle forze dell’ordine qui. Ho scelto questa zona perché mi piace e perché, dopo un’analisi di mercato, è risultata essere ottima, potenzialmente, per gli affari. Ma è chiaro che così non si può andare avanti. Tutto questo deve cambiare. E presto".