Stazione, sos crack: "Bisogna trovare uno spazio per gestire chi assume droga"

Luca Censi (Papa Giovanni XXIII): "La ’cocaina basata’ dilaga in città. Costa poco e rende subito dipendenti e molto nervosi. Il problema non si risolve spostandoli da una parte all’altra". .

Stazione, sos crack: "Bisogna trovare uno spazio per gestire chi assume droga"

Stazione, sos crack: "Bisogna trovare uno spazio per gestire chi assume droga"

di Benedetta Salsi

Tre omicidi tra disperati in dieci mesi e un’escalation di violenza, aggressioni e risse dovute anche al dilagare del crack. Due facce diverse della medaglia della marginalità sociale. Ma lo stesso teatro: la zona della stazione vecchia. Luca Censi, direttore dell’area socio-sanitaria servizi integrati della cooperativa Papa Giovanni XXIII di Reggio Emilia, con la sua unità di strada attraversa quella disperazione ogni giorno. Passando dal gestire ciò che accadeva fa all’interno delle ex Reggiane a quello che oggi si vede intorno a piazzale Marconi.

Censi, che cosa vede dal suo osservatorio?

"Ho lavorato all’interno dei contesti di strada negli ultimi sette anni. Prima nelle ex Reggiane, ora nella zona stazione. E abbiamo notato un notevole incremento del flusso della ’cocaina basata’".

Di che si tratta?

"Si tratta di una lavorazione della cocaina in polvere da cui si ottengono delle piccole roccette, chiamate comunemente crack, a differenza della cocaina però ha un prezzo molto accessibile. Si fuma in pipe, che noi forniamo ai consumatori per limitare il danno e lo scambio dei fluidi. Altrimenti lo farebbero passandosi una bottiglia di plastica, con una bic dentro e un bracerino sopra. Gli utilizzatori sviluppano rapidamente la dipendenza reiterando l’assunzione che può essere prolungata anche per molte ore. Alla prima assunzione ha un effetto molto intenso, effetto che poi i consumatori ricercano".

Qual è la conseguenza?

"Con la cocaina basata si amplia l’utenza: costa meno, dà assuefazione immediata. Il fatto che ora, a differenza degli anni passati, arrivi già basata sulla piazza di Reggio non è un fatto secondario, perché diventa pressoché impossibile sapere come è composta la sostanza che assumono. Si generano poi altri fenomeni, ad esempio la prostituzione maschile e femminile volta al reperimento di soldi per comperare la sostanza".

Come si potrebbe intervenire per aiutare queste persone?

"Siamo di fronte ad un fenomeno nazionale, scambiarsi conoscenze e ’buone pratiche’ come abbiamo fatto visitando nostri colleghi di Mestre e Firenze. Firenze è un contesto molto simile a quello di Reggio".

La critica è che qui il problema, con lo sgombero delle ex Reggiane, si sia solo spostato alla zona stazione.

"Sono migrati. Prima abbiamo osservato il fenomeno nei dintorni del bar Marconi e nella zona viale IV Novembre (che dava accesso al ‘budello’). Poi gli assuntori si sono dispersi nelle zone limitrofe: Mirabello, Polveriera, Ospizio, San Pietro. Si sono sparsi i consumatori. E sicuramente è un fenomeno anche molto più ampio di quello che vediamo".

Crede che l’escalation di violenza a cui stiamo assistendo in questi ultimi mesi sia dovuta al dilagare del crack?

"Sì se consideriamo la dispersione come fattore di peggioramento nello stile di consumo. È una sostanza che rende nervosi, paranoici. Diverso è il caso delle persone che vivono e dormono in stazione: due fenomeni distinti, che in parte convivono. L’area più generale è quella dell’emarginazione sociale".

Quella però è una zona densamente abitata e di passaggio.

"Gli spazi cittadini devono essere fruibili a tutti. Non basta dire ‘gli sbandati non li vogliamo’, perché non è pragmatico, non vanno via in questo modo. Serve una programmazione: uno spazio dedicato, ovviamente controllato. Con interventi di tipo sanitario, sociale e delle forze dell’ordine. Allora sì, hai aree che possono essere gestite. Se si vuole solo approcciare con metodologie muscolari si sbaglia: così arrivano i problemi".

Lo confermerebbe la ’migrazione’ del disagio sociale.

"Esatto, basta guardarla negli anni: parco del Popolo, gasometro, ex parco Tocci, via Turri. Poi piazzale Europa. Col Covid tutto è rientrato all’interno delle Reggiane. Quando le Reggiane sono state chiuse sono ritornati nel tessuto cittadino. Forse manca una gestione di questi fenomeni in situazione. Le persone non devono essere continuamente spostate, perché in qualche modo scelgono uno spazio che considerano consono al consumo. Devi trovare un accordo: uno spazio in cui gestirle".

Che cosa intende?

"Trovare un’area definita in cui le persone possono consumare, come ho visto a Berlino. Su questo va aperto un ragionamento assieme alle forze dell’ordine. Io sono per tutelare i consumatori. Altro discorso è quello dei senzatetto: lì serve progettazione più ampia, un piano abitativo strutturato. Ma mi rendo conto non sia semplice, considerando anche il periodo storico".