Cavallo 'dopato' durante la gara: indagato l'istruttore sportivo

L'indagine è stata svolta dai carabinieri forestali, che hanno sequestrato un farmaco antinfiammatorio proibito

Un cavallo (foto di repertorio)

Un cavallo (foto di repertorio)

San Giovanni in Marignano (Rimini), 12 febbraio 2024 - Un potente antinfiammatorio somministrato ad un cavallo da corsa prima di una gara di salto ostacoli svoltasi un paio di stagioni fa all'ippodromo di San Giovanni in Marignano. Per quella vicenda, l'istruttore sportivo responsabile dell'iniezione sull'animale - già sottoposto ad un provvedimento disciplinare e ad un periodo di sospensione da parte della Federazione Italiana Sport Equestri - dovrà ora rispondere di una serie di ipotesi di reato che vanno da maltrattamento di animali a frode in competizioni sportive passando per esercizio abusivo della professione veterinaria.

Le indagini, svolte dai carabinieri forestali del nucleo investigativo di polizia ambientale agroalimentare e forestale, sono state coordinate dalla Procura di Rimini, a seguito della segnalazione inoltrata dalla stessa Federazione che per prima aveva portato a galla lo 'scandalo'.

Gli accertamenti si sono messi in moto a seguito di un controllo di routine svolto sull'animale che aveva preso parte alla competizione tenutasi sul prato del centro ippico marignanese, la cui gestione è risultata essere totalmente estranea ai fatti. La siringa e il flacone di farmaco sequestrati all'istruttore sono stati inviatati al laboratorio di analisi del dipartimento della FISE per accertamenti approfonditi. Gli esami hanno così permesso di scoprire che al cavallo era stato somministrato del “fenilbutazone”, un antinfiammatorio vietato nell’ambito degli eventi sportivi, essendo ritenuto doping a tutti gli effetti. All'indagato è stata inoltre contestata l'ipotesi accusatoria di maltrattamento di animali, in quanto il trattamento farmacologico - secondo la ricostruzione degli inquirenti - sarebbe stato somministrato in assenza di indicazioni terapeutiche causando sofferenze all’animale. Per questo reato si rischiano dai tre ai diciotto mesi di reclusione e una multa particolarmente salata che può andare dai 5 ai 30mila euro.

La 'puntura' effettuata sul cavallo è costata all'indagato anche una denuncia per esercizio abusivo della professione, in quanto l'operazione da lui compiuta poteva essere svolta esclusivamente da personale veterinario. Per questo reato - in caso di una condanna in via definitiva - si rischia di incappare in una pena che va da un minimo di sei mesi ad un massimo di tre anni e in una sanzione che parte da 10mila euro e può arrivare potenzialmente fino a 50mila euro.