
Il pm Luca Bertuzzi
Una donna di 46 anni è a processo, davanti al gup di Rimini, con la formula del rito abbreviato, perché accusata di aver tentato di avvelenare il marito somministrandogli ripetutamente topicida nei pasti. L’ultimo capitolo di questa storia è stato scritto nei giorni scorsi in occasione dell’ultima udienza, quando il pubblico ministero Luca Bertuzzi ha richiesto per l’imputata una condanna a dieci anni di reclusione (già ridotti di un terzo per via dello sconto di pena) per tentato omicidio aggravato. La discussione è stata rinviata al 4 marzo, quando sarà sentita la difesa dell’imputato.
La vicenda è venuta a galla nel luglio 2022, quando il marito della donna moldava, un 54enne albanese residente a Rimini, ha iniziato a soffrire di forti dolori addominali che lo hanno costretto a più ricoveri all’ospedale Infermi di Rimini. I medici, insospettiti dalla persistenza e dalla natura dei sintomi, hanno condotto una serie di analisi che hanno rivelato la presenza nel sangue dell’uomo di bromadiolone e coumatetralyl, principi attivi comunemente usati nei veleni per topi. La scoperta ha fatto scattare una segnalazione alla Procura, dando il via a un’indagine approfondita affidata agli uomini della squadra mobile di Rimini.
Durante una perquisizione nell’abitazione dei coniugi, gli investigatori hanno trovato una siringa contenente un liquido rossastro, identificato come bromadiolone. Gli inquirenti hanno ricostruito una presunta modalità di avvelenamento sistematica. La donna è stata quindi arrestata e posta ai domiciliari. Secondo le accuse, la donna avrebbe somministrato il veleno al marito al momento dei pasti. Ma - come ha spiegato il legale difensore - la 46enne a sua discolpa ha raccontato come lei e il compagno mangiassero sempre insieme e le porzioni le faceva direttamente in tavola, respingendo quindi la possibilità di poter avvelenare il cibo. La donna ha inoltre chiarito che, oltre a fare da mangiare al marito quando questi non era fuori casa, cucinava le medesime pietanze anche per sé e per il figlio.
Nei mesi scorsi, la difesa aveva chiesto l’audizione di una nuova perizia, per rilevare o meno la correlazione tra il rischio di morte per il presunto avvelenamento e la condotta imputata alla donna. Il gup del tribunale di Rimini aveva quindi accolto la richiesta della difesa della 46enne e la Procura a propria volta aveva richiesto la contro-audizione dei propri consulenti: tossicologa e medico legale. Dopo essere stata arrestata dagli agenti della polizia di Stato, la donna era stata in un primo momento posta agli arresti domiciliari. Attualmente la presunta avvelenatrice è sottoposta all’obbligo di firma.
Non c’è da stupirsi se nel frattempo i coniugi hanno avviato le pratiche per la separazione. Inoltre il marito ha deciso di costituirsi parte civile nel procedimento.
Lorenzo Muccioli