Rimini, ucciso a bastonate in albergo: caccia al killer ancora in fuga

Il 45enne Antonino Di Dato ucciso in hotel per un debito di 7.500 euro. A processo tre aggressori, il quarto è latitante da oltre un anno

Rimini, 18 novembre 2022 - ​Un agguato mortale scattato alle 18.35 del 3 novembre del 2021 all’hotel Emanuela di Bellariva. La vittima, Antonino Di Dato, 45 anni, campano trapiantanto in Riviera, era stato massacrato di botte: per venti, interminabili minuti i suoi aggressori, intenzionati a riscuotere un debito di 7.500 euro, lo avevano tempestato di calci, pungi e colpito ripetutamente in testa con un bastone da trekking. Una spedizione punitiva violenta e brutale, una furia incontenibile, che aveva portato alla morte del 45enne, deceduto all’ospedale ‘Bufalini’ di Cesena dopo nove giorni di agonia.

Gli assalitori di Di Dato ripresi dalle telecamere durante la fuga dall’hotel
Gli assalitori di Di Dato ripresi dalle telecamere durante la fuga dall’hotel

Per tre dei protagonisti di quel pestaggio si avvicina ora la resa dei conti. Il sostituto procuratore Paolo Gengarelli ha chiesto infatti il giudizio immediato, davanti alla Corte d’Assise di Rimini, per Francesco Bruno Cacchiullo, 53 anni (difeso dall’avvocato Paolo Benfenati), Costanino Lomonaco, 35 anni, e per il 43enne croato Ivan Dumbovic (difesi dagli avvocati Francesco Pisciotti e Massimiliano Giacumbo), tutti e tre arrestati dalla squadra mobile di Rimini, che avevano fatto scattare le indagini partendo dall’analisi dei filmati delle telecamere presenti nei dintorni dell’hotel e nelle strade di Bellariva. All’appello manca però un nome: quello del quarto componente del gruppo, un 45enne bosniaco, che è ancora ‘uccell di bosco’.

Datosi alla macchia immediatamente dopo l’aggressione, da oltre un anno è latitante e di lui non si hanno più notizie. Era con lui che Di Dato aveva maturato il debito di 7.500 euro. E sarebbe stato sempre lui ad ideare l’agguato in albergo e a impugnare il bastone da trekking per colpire il campano. Questo almeno è quello che sostengono i complici del latitante, additato come il principale artefice del raid. Una storia arricchita da un altro particolare inquietante: a poche ore di distanza dalla morte di Di Dato in ospedale, la moglie del bosniaco (che è asisstita dall’avvocato Stefano Caroli) scendendo in strada aveva trovato la propria macchina sfaciata. Forse un avvertimento, che qualcuno aveva deciso di mandare dopo l’omicidio del 45enne?

In un primo momento si era ipotizzato che nella vicenda potesse essere implicata la criminalità organizzata. La vittima, infatti, era stata per molto tempo legata al gruppo criminale guidato da Massimiliano Romaniello, che nel 2018 era stato impegnato in una guerra di camorra con il clan rivale di Ciro Contini per il controllo degli affari illeciti nel Riminese. Nel giro di poco però agli inquirenti era apparso chiaro che l’aggressione fosse riconducibile alla questione del debito. Gli assalitori si erano allontanati dall’albergo di via San Remo porando via 500 euro trovati nel portafogli della vittima, gridando che sarebbero presto tornati a riscuotere il resto.