Violenza privata. Assistenti sociali alla sbarra

Due ex assistenti sociali sono a processo per violenza privata e omissione di denuncia dopo aver aiutato una madre e suo figlio minore a trasferirsi in una località protetta per sfuggire a presunti maltrattamenti familiari. La sentenza sarà emessa il 6 marzo.

Avrebbero aiutato una madre col figlio minore a trasferirsi in una località protetta, per sottrarsi a quelli che ritenevano maltrattamenti in famiglia. Ma sono finite a processo per violenza privata e omissione di denuncia. La vicenda, che ha coinvolto due dirigenti del servizio tutela minore dell’Ausl di Rimini oramai in pensione, difese dagli avvocati Luca Ventaloro e Martina Montanari, andrà a sentenza il prossimo 6 marzo. Una vicenda giudiziaria che va avanti da 8 anni, era infatti il 2016 quando una donna riminese si rivolse alle due assistenti sociali per chiedere aiuto ed essere collocata in una casa protetta con il figlio minore. All’epoca dei fatti, non essendo ancora in vigore il pacchetto di leggi "codice rosso" sulla violenza di genere, le assistenti sociali agirono in base all’articolo 403 del codice civile e la donna con il figlio venne accolta in una località protetta per 51 giorni. Procedura non correttamente rispettata, secondo il marito della donna allontanata che presentò una denuncia-querela, assistito dall’avvocato Salvatore Di Grazia. Nel 2019, la Procura della Repubblica di Rimini ha rinviato a giudizio le due assistenti sociali con l’ipotesi di reato di violenza privata e omissione di denuncia: secondo l’accusa non riferirono alle forze dell’ordine la denuncia verbale della donna che lamentava maltrattamenti in famiglia. Secondo la difesa delle assistenti sociali invece fu la donna stessa che dopo aver chiesto il collocamento in un’altra casa denunciò il marito. Oggi la coppia è tornata insieme, e la presunta vittima di maltrattamenti è stata un teste dell’accusa nel corso del procedimento.