Fondi alle Bahamas per evadere il fisco: due soci trevigiani costretti a rimborsare 1,2 milioni

Il piano escogitato a Treviso: fatture false emesse a una società maltese e bonifici internazionali con soldi in transito a Dubai. A smascherare l’inganno, la banca caraibica dove confluiva il denaro

I fondi venivano trafugati alle Isole Bahamas

I fondi venivano trafugati alle Isole Bahamas

Treviso, 25 marzo 2024 – Nascondevano fondi alle Bahamas, così un’azienda trevigiana costretta a rimborsare al fisco 1,2 milioni di euro.  I soldi venivano trafugati attraverso il pagamento di fatture false con denaro in transito tra Malta, la Repubblica Ceca e gli Emirati. A fare da paravento, una società maltese.

È la truffa internazionale escogitata da due imprenditori trevigiani, soci in affari nel commercio di software e applicativi informatici. La guardia di finanza ha scoperto un piano per occultare parte dei proventi illeciti alle Isole Bahamas.

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Truffa internazionale

L'azienda si era 'nascosta’ al fisco tra il 2015 e il 2018 grazie all'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, emesse da una società maltese, che ammontavano a circa 1,5 milioni di euro. Cifre relative al presunto utilizzo di un software di cui l'impresa con sede a La Valletta, a sua volta partecipata da una società con sede in Liechtenstein, sarebbe stata licenziataria.

Bonifici internazionali

Grazie alla cooperazione internazionale tra le forze dell’ordine, si è scoperto che il pagamento delle fatture era avvenuto prevalentemente con bonifici su un conto corrente in Repubblica Ceca. Da qui il denaro, attraverso una fiduciaria, era transitato a Dubai, negli Emirati Arabi. Alla fine di questo lungo giro, il denaro veniva riaccreditato su due conti di una banca delle Bahamas, che però dal 2019 collabora con l'Italia e favorisce lo scambio delle informazioni.

Fatture fraudolente e autoriciclaggio

I due soci dell'impresa erano stati segnalati alla procura di Treviso non solo per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni economiche fittizie, ma anche per autoriciclaggio, visto che parte dei proventi dell'evasione – pari a circa 285 mila euro, su un ammontare di risparmio d'imposta pari a 700mila euro – è stata rintracciata in due distinti conti correnti, intestati a nomi di fantasia, che i due indagati avevano aperto nelle isole caraibiche.