Omicidio a Fossanova, la resa del killer: "Ho ucciso io"

Simone Bertocchi si è costituito: "Temevo Tosi, mi voleva morto". Ecco la ricostruzione del delitto

Omicidio di Fossanova, Simone Bertocchi all'uscita dalla caserma (Businesspress)

Omicidio di Fossanova, Simone Bertocchi all'uscita dalla caserma (Businesspress)

Ferrara, 27 luglio 2016 - Due giorni all’addiaccio, tra Cona, Pontelagoscuro e la provincia di Modena. Fino a Porotto quando, su consiglio del suo legale, si è consegnato. «Tosi l’ho ucciso io e lo rifarei perché mi minacciava, mi voleva morto», ha sputato fuori Simone Bertocchi. Trentasei anni, ferrarese doc, una vita vissuta al Barco, poi in giro a cercare fortuna tra Busto Arsizio, Spagna, Milano e di nuovo ritorno in città. Nell’appartamento di Viale Po, da Sabrina, la fidanzata e nipote di quel Vittorio Chiccoli che lo ha incastrato, che ha fatto il suo nome ai carabinieri, che lo ha visto sparare e fuggire in bici con William Biancucci, il complice indagato ma libero. Ieri il suo racconto davanti al pm, con uno dei suoi avvocati (Barbara Grandi che lo assiste con Sergio Pellizzola), è andato avanti fino 14.30. 

«IO, IL KILLER». Le otto di domenica, Bertocchi saluta la fidanzata e passa da via Pesci dall’amico William. Le finestre aperte, l’invito a seguirlo in via Ravenna per alcuni lavori nell’abitazione della famiglia Tosi Savonuzzi. Gli affittuari della sua compagna. La coppia parte in bici, arrivano da Vittorio Chiccoli, dirimpettaio della futura vittima. «Siamo entrati, abbiamo bevuto una birra e fumato una sigaretta. Poi siamo andati dai Savonuzzi». Ma il 72enne affittuario non vuole in casa Biancucci, non lo conosce. Non si fida di Bertocchi e dei suoi amici, non si è mai fidato. Da un annetto i rapporti tra i due sono pessimi. «Continuava a chiamare imprese costosissime per lavori da fare e che doveva pagare Sabrina – spiega il killer – Ero contrario, gli dicevo che sarei venuto io con amici a farli, avremmo risparmiato. Poi si faceva pagare la spesa da Vittorio».

MINACCE. Litigi, sempre più accesi. Soprattutto negli ultimi due mesi quando, secondo Bertocchi, «Tosi mi ha puntato la pistola in due occasioni». L’ultima goccia: la raccomandata alla compagna per un’infiltrazione d’acqua. Le 8.30: Bertocchi e Savonuzzi fanno un giro della casa, con loro c’è Vittorio. «Abbiamo preso delle misure e fatto foto per i lavori».

La scena si sposta sul retro, il vecchio Vittorio entra in casa. I rivali ora sono uno contro l’altro, litigano pesantemente. Le 8.45. «Tosi è andato verso il garage – continua Bertocchi –, lì teneva le armi. Temevo stesse andando a prendere la pistola come le altre volte. Così ho fatto fuoco». Estrae la calibro 6.35 dalla tasca comprata illegalmente a Milano mesi fa in un dormitorio di nordafricani dove qualsiasi cosa diventa realtà. «La comprai per difendermi da lui». Da Tosi, che ha davanti e contro il quale spara un primo colpo. Il 72enne viene colpito al fianco, cade, si volta verso Bertocchi. Lo guarda negli occhi. Parte un secondo proiettile. Al petto. Escono la moglie, Raffaela Pareschi, e Vittorio. La donna, china sul marito, viene colpita alla schiena. È ancora in fin di vita.

FUGA. La mattanza è terminata. Bertocchi corre dall’amico, ancora fuori dal cancello. Inforcano le bici. «Vai, vai veloce che è successo un casino». Biancucci impreca, «cosa cazzo hai fatto?». Bertocchi rimane muto. Arrivano sulla statale 16, Biancucci va verso la città, Bertocchi gira per via Valdicuore. «Ho gettato la maglietta, il cappellino, la bici». Cammina fino a Cona, qui prende l’autobus per Pontelagoscuro. Passa da un amico (del quale non ha fatto il nome), si fa dare una maglietta. In zona Tre Stelle trascorre la notte tra l’erba e le panchine. Addirittura incontra qualcuno che lo saluta. Lunedì prende il pullman verso Modena, scende prima e torna indietro. Fino a Porotto. Fino a ieri mattina. Fino alla resa.