Il caso Englaro è stato il primo che ha stabilito che l’autodeterminazione non ha nulla a che fare con l’eutanasia. Oggi chi vuole si può autodeterminare. Ecco la fotografia di oltre 20 anni di dibattito e di sentenze in gran parte nate con la vicenda Englaro e discussa ad Ancona con la presenza di illustri relatori del mondo giuridico e medico organizzato da AMI – Avvocati Matrimonialisti Italiani, Ordine degli Avvocati di Ancona e il patrocinio dell’Ordine dei Giornalisti delle Marche.
In attesa che il legislatore legiferi in materia di ruoli e responsabilità anche nell’esercizio di un diritto riconosciuto a livello costituzionale, la sentenza del tribunale di Ancona rappresenta un punto di riferimento e che ha dato i parametri su cui il Parlamento potrebbe legiferare ed indica il percorso chiaro per dare la possibilità a chi si trova in situazione insostenibile, di mettere fine alla propria vita senza che chi agevola questo percorso incorra in sanzioni penali. Il confronto dal titolo "Fine vita: da Eluana Englaro a Mario", è stata l’occasione per porre l’attenzione su un tema che intreccia molti aspetti sociali, etici e legali con la presenza di Beppino Englaro, padre di Eluana Englaro, la ragazza morta nel 2009, dopo 17 anni di coma e una lunga battaglia giudiziaria.
Oggi, infatti, pur in assenza di una legge che regoli in fine vita, è possibile richiedere ed ottenere di poter ricevere il farmaco Tiopentone Sodico come accaduto nel caso del paziente marchigiano “Mario” dopo che il parere di tutte le autorità competenti è stato positivo. Infatti, devono ricorrere le condizioni stabilite dalla sentenza della Corte Costituzionale 2422019 (nota con il nome di “sentenza Cappato”) ovvero: persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, affetta da patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli sotto la verifica di una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale. Il farmaco viene somministrato mediante infusione endovenosa. La scelta del farmaco e delle modalità erano il tassello mancante rimasto in sospeso dopo il via libera del Comitato etico-regionale. “Mario” dal 9 febbraio 2022 è stato libero di scegliere quando porre fine alle proprie sofferenze, in Italia, con accanto i suoi cari, senza che l’aiuto fornito configuri reato ai sensi dell’articolo 580 del codice penale per effetto della sentenza 24219 della Corte costituzionale. In assenza di una legge che disciplini ruoli e responsabilità anche nell’esercizio di un diritto riconosciuto a livello costituzionale, deve personalmente occuparsi di reperire il farmaco letale, farselo prescrivere da un medico privato e procurarsi la strumentazione necessaria per l’autosomministrazione. Alle 11:05 di giovedì 16 giugno 2022, Mario ha potuto fare ricorso al suicidio assistito, primo caso In Italia.