"Ecco la nostra odissea quotidiana"

Anteprima dell’"UlisseFest" ad Ancona: protagonista sul palco delle Muse sarà l’insegnante e scrittore D’Avenia

Alessandro D’Avenia, insegnante e scrittore

Alessandro D’Avenia, insegnante e scrittore

"Ulisse, il viaggio e la nostra odissea quotidiana". Titolo affascinante per un incontro. Tanto più se si incontra Alessandro D’Avenia, insegnante e scrittore di successo dalle spiccate abilità divulgative. A lui è affidata l’anteprima dell’“UlisseFest” di Ancona. Venerdì (ore 21) alle Muse, D’Avenia spiegherà come recuperare la dimensione eroica del quotidiano. In viaggio, ma non solo.

Ulisse, una delle figure più citate, studiate e ‘interpretate’ di sempre. Quale sarà il suo approccio al personaggio?

"Mi fa sorridere che spesso si dica che l’Odissea sembra così attuale. In realtà è il contrario. Sono Ulisse e Penelope a rendere attuali noi, la loro è la storia di ciascuno e di tutti. Siamo così pieni di noi stessi che ci crediamo i più evoluti solo perché siamo venuti dopo, invece è più evoluto chi ha portato alla luce una verità che non muore. Ulisse per metà del poema è impegnato a liberarsi di guerre non sue da cui cerca faticosamente di tornare e per l’altra metà è impegnato a farsi riconoscere da chi veramente lo ama. Senza Penelope questo sarebbe impossibile. È la storia di ogni uomo sulla terra: spogliarsi delle illusioni di destino e trovarsi nelle relazioni che lo salvano, cioè lo rendono pienamente se stesso". Siamo ancora disposti ad affrontare il rischio, la sfida, o il ‘modello Ulisse’, nell’epoca dei viaggi organizzati, è sempre più lontano?

"Il dio nemico di Ulisse è Poseidone, dio del mare. Questo mostra che il nostro nemico è lo scorrere del tempo, il divenire, l’elemento liquido, quello che Ulisse deve affrontare per metà del viaggio in cerca della terraferma. Ma in realtà come ogni antagonista è proprio ciò che ci aiuta a definire la terraferma, ciò che ci permette di essere, e quindi di tornare a noi stessi, all’essenziale. Anche noi siamo terrorizzati dall’ignoto. Così cerchiamo di avere tutto sotto controllo, facciamo terraferma con la tecnica. Ma è un’illusione. Per viaggiare veramente bisogna perdersi".

I visori VR permettono di fare esperienze immersive di viaggio ovunque. Il virtuale sostituirà il reale?

"Questo succede già da tempo. Guardare una partita di calcio o giocarla attiva le stesse aree del cervello, ma l’assenza del corpo nel primo caso non permette di fare memoria, una memoria che resta e che posso rievocare riattivando le stesse aree, e quindi la stessa felicità, che è la somma delle nostre memorie. Quindi credo che facciamo passi avanti non nell’essenziale ma nella ‘illusione’. Emozioni passeggere. Per fare esperienza ci vuole anche il corpo. La prima cosa che Ulisse deve fare per arrivare a Itaca è costruire una zattera. Questa concretezza sarà decisiva per il futuro. Solo chi saprà costruire la zattera dentro e fuori di sé troverà la terraferma".

Per Borges ‘la terra è un paradiso, l’inferno è non accorgersene’. Per altri è il contrario. Lei che ne pensa?

"Borges dice il vero. E lui divenne cieco, quindi l’affermazione è ancora più concreta e sorprendente. Non basta essere viventi, ci riescono tutti a lottare per sopravvivere, noi siamo chiamati a essere vivi, cioè a vivere ‘sopra’, che vuol dire nascere per tutta la vita. Ci sono così tante cose da creare, scoprire, soffrire e amare che non vederle è una scelta. Così come lo è prendersene cura. All’inferno o in paradiso non ci si va, ci si è".

Raimondo Montesi