Il concerto di Baby Gang: "Violenza e sessismo: attenti a concedere spazi a certi modelli tossici"

Così l’ex garante regionale per i diritti dei minorenni, Andrea Nobili: "La criminalità giovanile è in aumento anche nella nostra regione: perché ospitare un tizio del genere tra l’altro in una struttura pubblica?".

Il concerto di Baby Gang: "Violenza e sessismo: attenti a concedere spazi a certi modelli tossici"

Il concerto di Baby Gang: "Violenza e sessismo: attenti a concedere spazi a certi modelli tossici"

di Andrea Nobili *

Anche nella nostra regione i dati relativi alla criminalità giovanile sono in aumento, come è stato evidenziato in occasione della recente inaugurazione dell’anno giudiziario, ad Ancona. Sia il Procuratore Generale che il Presidente della Corte d’Appello hanno tuttavia condiviso quanto viene segnalato da molti operatori dei settori sociali e legali: di fronte a questo fenomeno la repressione penale non è sufficiente.

Il rispetto delle regole e gli interventi sanzionatori sono fondamentali, ma più delle aule di giustizia contano gli spazi di socializzazione positivi, finalizzati al benessere psico-fisico dei giovanissimi. Adoperarsi nell’ambito sociale piuttosto che in quello penale, quando spesso è troppo tardi per arginare certi fenomeni di devianza. Se occorre evitare i rischi connessi a una criminalizzazione della devianza giovanile, al contempo è bene riflettere sul tema dei modelli educativi e sull’influenza “tossica” che certi soggetti, con una forte esposizione mediatica, soprattutto in tempi di social, possono avere sui più giovani. E’ il caso del fenomeno musicale della trap, incomprensibile per chi ha più di quarant’anni, in grado, con i suoi testi talvolta violenti e sessisti, di esercitare una fascinazione su tanti adolescenti.

Secondo i numeri recentemente ricavati dalla ricerca di ‘Libreriamo’, social media italiano dedicato alla cultura, nelle canzoni trap 6 testi su 10 contengono espressioni violente contro le donne, accanto a droga, rabbia, falso vittimismo e autocelebrazione. Uno degli esponenti più in vista e discussi è un tizio che si fa chiamare Baby Gang (nomine omen), il quale dovrebbe esibirsi nella nostra città verso la fine di aprile, in uno spazio pubblico di proprietà comunale. I suoi testi sono inni alla violenza, al sessismo, allo spaccio e al consumo di droghe. Questo tizio è un pregiudicato, condannato a cinque anni e due mesi di reclusione per una sparatoria, attualmente agli arresti domiciliari per aver commesso anche altri reati: i giudici ne hanno raccontato la spiccata pericolosità sociale e la sua consuetudine alla violenza e alla sopraffazione e umiliazione degli altri.

A questo punto, occorre porsi almeno paio di interrogativi. Il primo investe le istituzioni, a partire dalla magistratura. Come è possibile che a un soggetto simile, venga consentito di glorificare pubblicamente atteggiamenti criminali, con il rischio di influenzare una platea di giovanissimi con scarso senso critico? Il secondo, decisamente più impegnativo, coinvolge la capacità da parte degli adulti (anche di quelli più “attrezzati”) di comprendere le ragioni per cui una parte non banale di una generazione giovanile, la cosiddetta Generazione Z, si senta rappresentata da una narrazione così involuta e volgare.

Perché il tizio di cui sopra, che da detenuto è riuscito pure a girare un video in carcere, ha oltre 6,4 milioni di ascoltatori mensili su Spotify, conta oltre 2,2 milioni di follower su Instagram e 1,5 milioni di iscritti al canale Youtube: un vero fenomeno commerciale, grazie a un sistema in grado di trasformare in merce di consumo anche il disagio giovanile.

Un sistema, che la mia generazione ha contribuito a consolidare, in cui si è bruciata la possibilità di immaginare un mondo migliore ed è svanito qualsiasi senso di appartenenza a una comunità; non c’è spazio per i perdenti. Con adolescenti disorientati e assenti, in famiglie sempre più sole e povere, nei cui occhi, se solo provassimo a farlo, potremmo scorgere l’illusione che solo certe scorciatoie consentono di raggiungere una felicità apparente che si misura solo con la capacità di spesa.

* Avvocato ed ex Garante

regionale dei diritti

dei minorenni