
"Il mio Paganini tra amore e odio"
Se la musica classica avesse le sue ‘rockstar’ una di queste sarebbe il violinista serbo Stefan Milenkovich, atteso domani (ore 20.30) al Teatro Sperimentale di Ancona, dove gli Amici della Musica ‘Guido Michelli’ e l’Orchestra Filarmonica Marchigiana diretta da Alessandro Bonato propongono l’esecuzione del Concerto per violino e orchestra n. 2 di Paganini, con il suo celebre rondò finale ‘La Campanella’ (ancor più noto grazie a Liszt), dell’ouverture ‘Olympie’ di Spontini e della Sinfonia in do maggiore di Bizet. Maestro Milenkovich, come presenterebbe questo concerto?
"Tutto il programma è bellissimo, ma basta dire Paganini e ‘La Campanella’, uno dei suoi concerti più popolari e belli, ma anche dei più difficili. Richiede molto al solista, ma è anche molto divertente da suonare. Vi si scorgono tutta la leggendaria bravura e il talento ‘soprannaturale’ di Paganini".
Ma qual è il suo rapporto con Paganini?
"Di amore e odio. Lo dico con grandissimo affetto, perché alla fine Paganini è ‘il’ violinista, forse il più grande mai esistito. E’ una leggenda che ci ‘segue’ non solo nel nostro repertorio ma anche nello sviluppo violinistico e musicale. In tutte le competizioni per violino Paganini è obbligatorio, perché richiede una rara combinazione di incredibile tecnica, grazia, ‘gesto’, eleganza e lirismo. E’ molto difficile mettere insieme tutto questo".
Ma il suo compositore preferito qual è?
"Difficile dirlo. E’ come dire qual è il mio piatto preferito. Brahms sicuramente è un compositore che posso suonare e ascoltare sempre. Ma che dire di Bach? E’ l’alfa e omega di tutto quello che facciamo. E’ senza confini. Difficile fare paragoni tra compositori che hanno lasciato un segno indelebile".
Lei è considerato una ‘star’ della musica classica. Pensa che una personalità ‘brillante’ come la sua possa essere utile per avvicinare più gente alla musica colta?
"Insomma, una star... Io ho una grande passione per la musica, per il violino. Se questo comporta una certa fama bene, ma comunque non cambia l’approccio e la sincerità verso quello che faccio. La notorietà comporta una certa dose di responsabilità. Per mantenere il successo però si deve lavorare ancora di più, essere molto tenace. Ci sono molte aspettative e pressioni. Certo, è fantastico se la personalità dell’artista attira il pubblico".
Lei ha suonato in tutto il mondo. Il pubblico italiano è ‘particolare’?
"E’ fantastico. Vengo spesso in Italia. Mio nonno era italiano. Qui sono a casa. Lo ‘spirito’ che c’è in Italia non esiste da nessun’altra parte".
La Serbia è un Paese piccolo, ma esprime tante eccellenze in molti campi, dalla musica allo sport. Secondo lei da cosa dipende?
"Domanda complessa. Abbiamo un temperamento e una sensibilità molto particolari, e una storia non facile. Questo aiuta anche a sviluppare uno spirito ‘guerriero’ che serve per fare carriera in qualsiasi campo. Ma trovandoci sempre all’incrocio della Storia, tra est e ovest, ciò significa anche saper lavorare con gli altri, essere flessibili, disponibili al compromesso".
Raimondo Montesi