"Il test è solo posticipato, rischio imbuto formativo. Ecco perché la boccio"

Il preside Mauro Silvestrini critica la riforma sull'abolizione del test di ingresso a Medicina, evidenziando problematiche logistiche, stress per gli studenti e la mancanza di soluzioni concrete per la formazione medica. Ritiene che la selezione debba essere mantenuta, ma migliorata.

Mauro Silvestrini, preside della facoltà di Medicina, che ne pensa di questa riforma?

"Ci sono ancora molte questioni aperte che non sono state chiarite. Di fatto non si abolisce il numero chiuso ma si posticipa l’esame di ingresso di sei mesi con diverse problematiche connesse, una fra tutte l’impatto psicologico sugli studenti. In pratica si giocano il futuro in un semestre, pensiamo solo al carico di stress che questo si porterà dietro. E poi siamo sicuri di poter dare una valutazione sul loro rendimento che sia omogenea e attendibile in ogni parte d’Italia?".

Quali sono le altre questioni che non la convincono?

"Intanto quali materie andranno a studiare le nuove matricole nei primi sei mesi, quali attività didattiche sono previste? Ci saranno corsi propedeutici all’esame? E poi c’è un problema di non poco conto legato agli spazi, alla logistica: in pratica il numero di studenti sarebbe molto più alto di adesso visto che in media con il test di ingresso ogni anno ne viene ammesso uno su quattro. A Medicina qui ad Ancona abbiamo 400 matricole ogni anno, se aboliamo il test ne arriverebbero circa 1500, ma dove li mettiamo? Servirebbe anche più personale docente ovviamente. Su tutti questi aspetti non abbiamo ancora avuto indicazioni. Pensi che presso la nostra facoltà abbiamo ben 25 corsi di laurea, non c’è solo quello in Medicina e Chirurgia".

Questa decisione è stata presa anche per sopperire alla mancanza di medici che ha colpito il nostro sistema sanitario negli ultimi anni. Lei pensa che possa offrire una valida soluzione?

"Di fatto no perché comunque dopo i primi sei mesi la selezione ci sarebbe lo stesso. La mancanza di medici è frutto di politiche sbagliate degli anni passati ma adesso la situazione è nettamente migliorata. Ad esempio nel 2016 potevamo ammettere solo 160 nuove matricole ogni anno, adesso superiamo le 400 unità. E poi rimangono i tetti di spesa per l’assunzione di nuovo personale: se non andiamo ad agire su quelli diventa tutto inutile. Da noi all’ospedale regionale abbiamo la stessa pianta organica del 2004, eppure in 20 anni le esigenze di personale sono aumentate sensibilmente. Si rischia un ’imbuto formativo’ nel momento che i laureati in Medicina scelgono la specializzazione perché non tutti possono essere ammessi".

Insomma, per lei la riforma è da bocciare?

"Sì, perché pur tenendo conto di alcune criticità dei test di ingresso, la loro abolizione non può essere la soluzione. Siamo tutti d’accordo sul fatto che in passato alcuni quesiti fossero fuori contesto e inutili ai fini della selezione, quindi io sono per rendere il test più meritorio, che dia più peso alle materie tecniche e scientifiche. Nel nostro Paese la formazione universitaria funziona molto bene e infatti i nostri medici all’estero sono molto ricercati. Non andrei a stravolgere il sistema. Se la sanità pubblica nazionale è in affanno non è certo per colpa del test di ammissione a Medicina".