Nei centri anti violenze. Boom di richieste di aiuto: "Ora c’è meno vergogna. Ecco come le aiutiamo"

Per l’associazione "Donne e Giustizia" ben 179 ingressi nel solo 2023. La presidente Roberta Montenovo: "E’ il numero più alto di sempre. Se prima la media era sui 60 anni, ora si è abbassata: anche ventenni".

I 113 femminicidi avvenuti nel 2023, i quattro già capitati (purtroppo) all’inizio di quest’anno. Ancora troppe donne muoiono sotto la furia di colpi di mariti o ex che non si rassegnano alla fine di una relazione. E anche i numeri della provincia fanno riflettere. Se il procuratore generale del capoluogo, Roberto Rossi, ha parlato a dicembre di un raddoppio degli omicidi da tre a sette casi nell’ultimo anno giudiziario (ovvero tra luglio 2022 e giugno 2023), molte donne si rivolgono agli sportelli antiviolenza della regione in cerca di aiuto. Come quelli di "Donne e Giustizia", l’associazione che dal 1984 offre assistenza legale e psicologica. Oltre alle sede principale di Ancona sul territorio se ne contano altre 10, delle quali cinque in provincia: Montemarciano, Osimo, Jesi, Senigallia e Fabriano. Le ultime due in collaborazione con due associazioni: "Dalla parte delle donne" e "Artemisia".

Fra tutti i centri, l’anno scorso, sono stati registrati 179 nuovi ingressi: 145 ad Ancona e 34 negli altri sportelli. Un dato che rappresenta "il numero più alto di sempre, da quando nel 2008 abbiamo iniziato a raccogliere i dati — racconta Roberta Montenovo, 53 anni, avvocata civilista che dal 2019 è presidente dell’associazione dopo aver fatto il suo ingresso nel 2003 come volontaria — E purtroppo già dal primo gennaio ne abbiamo contati 11: sette nel capoluogo e quattro altrove". In passato, invece, ne sono stati registrati 139 nel 2019 e nel 2022, 133 del 2020 e 135 del 2021. "Oltre ad Ascoli, San Benedetto del Tronto, Sant’Elpidio a Mare, Macerata e Pesaro, in futuro apriremo altre sedi sul territorio per garantire più punti di aiuto — aggiunge Montenovo — I numeri sono in crescita e il periodo del Covid ha sicuramente contribuito, acutizzando i problemi dovuti alla convivenza forzata che con probabilità si sarebbero manifestati più in avanti nel tempo". La cosa positiva "è che sempre più donne arrivano da noi senza vergognarsi di chiedere aiuto — dice ancora — Se prima la media era fissa sui 60 anni, ora si è abbassata: si va da ragazze appena 20enni, controllate durante un fidanzamento dal partner, fino a un massimo di 40-45. La fascia è più bassa rispetto a 15 anni fa, specie negli ultimi 10".

Un segnale dunque incoraggiante: "La tendenza è quella di interrompere prima il vissuto violento — spiega l’avvocata — c’è una maggiore consapevolezza per la vittima di non essere la colpevole nella storia che vive". Per recuperarla, il primo contatto avviene per telefono: "Arriva da noi su consiglio di servizi sociali o delle forze dell’ordine, alle quali ha già presentato denuncia o querela. Oppure perché ci ha visto prima sui social. C’è poi chi invece arriva direttamente col proprio legale". La metodologia poi prosegue con un incontro dal vivo insieme alle operatrici del centro, "che sono formate per garantire l’accoglienza e la comprensione che servono, senza giudicare, cercando di stabilire un contatto con lei e garantendole anche l’anonimato". Se invece la donna si trova già da subito in una condizione di pericolo "cerchiamo subito di metterla in sicurezza, attivandoci con l’aiuto di altre strutture (protette) — prosegue Montenovo — Quello che ci tengo a dire è che noi non vogliamo decidere per le persone interessate, ma farle comprendere il problema, perché spesso in diverse tendono a sottovalutarlo".

Sarà proprio la vittima di violenza "a decidere poi se rimanere o meno nel centro antiviolenza — spiega ancora — E se necessario, chiediamo aiuto a una psicologa criminologa o a professioniste di consulenza legale. La prima valuta quanto alto è il rischio che quella persona rischi di subire attacchi, e dunque se sia il caso di metterla al riparo. La seconda dà informazioni sui percorsi che si possono intraprendere, come ad esempio una separazione o un divorzio, querelando o meno l’uomo se il fatto che lui ha commesso è perseguibile dal codice penale". Un consiglio che viene sempre dato quando si decide per la separazione, infatti, "è quello di trovare una scusa e, prima di comunicare la decisione al partner, di avere un posto sicuro per essere protette da eventuali attacchi — conclude Montenovo — Quasi sempre i femminicidi nascono quando lei decide di lasciare lui e glielo comunica, come in Trentino (la 38enne Ester Palmieri uccisa giovedì scorso dal marito Igor Moser che poi si è impiccato, ndr). Fondamentale è anticipare le azioni del compagno o del marito, prima che accadano possibili epiloghi tragici. In primis, però, l’importante è trovare sempre la forza di denunciare".

Lorenzo Pastuglia