Non dimenticò mai le umili origini Furono la bussola della sua arte

Il Maestro della fotografia restò sempre legato alla sua. Senigallia: il MoMA di New York. stregato dai suoi scatti.

Non dimenticò mai le umili origini  Furono la bussola della sua arte

Non dimenticò mai le umili origini Furono la bussola della sua arte

I pretini che giocano sulla neve. I paesaggi marchigiani, con gli incredibili campi arati, le case di campagna, gli alberi. Le immagini di Scanno, in Abruzzo, con il celebre bambino che avanza tra le donne vestite di nero.

Sono tutte icone della fotografia del Novecento firmate da quell’impareggiabile Maestro dell’ottava arte che è stato Mario Giacomelli, nato a Senigallia il 1 agosto 1925. Se la spiaggia di velluto è ‘città della fotografia’ lo si deve soprattutto a lui, uomo di umili origini che in virtù di uno straordinario talento è riuscito a entrare con i suoi scatti nelle collezioni pubbliche di tutto il mondo, dall’Italia alla Francia, dal Regno Unito alla Russia, dagli Stati Uniti all’Australia, dal Canada al Giappone. Negli Stati Uniti, in particolare, decine di musei rimangono stregati dal genio giacomelliano, a cominciare dal MoMA di New York, dove in occasione della celebre mostra ‘The photographer’s Eye’ (1964) fu esposta ‘Scanno boy’, il bambino di Scanno.

Uomo di umili origini contadine, si diceva, le stesse che Giacomelli conserverà dentro di sé come un tesoro, una bussola esistenziale e artistica, e che riemergeranno sempre nella sua produzione, nel suo sguardo sull’uomo e sul suo inscindibile rapporto con la natura. Giacomelli non amava allontanarsi dall’amata Senigallia. La sua biografia non è ‘variegata’ come quella di altri grandi artisti. Tra le ‘svolte’ ci sono l’incontro con Giuseppe Cavalli, di cui diventò discepolo, la nascita del Gruppo Misa, il trionfo al Concorso Nazionale di Castelfranco Veneto, che spinse la critica a scrivere che ‘un nuovo fotografo era nato’. E’ il 1955.

Risalgono agli anni successivi alcuni progetti destinati a lasciare il segno: ‘Ospizio’, ‘Lourdes’, ‘Loreto’ e i già citati ‘Pretini’ e ‘Scanno’. Ma ad affascinare il Maestro sono in particolare i campi, tanto che inizia a chiedere ai contadini di creare con i trattori dei segni ‘speciali’. Di Giacomelli si accorge anche la Biennale di Venezia, che nel 1964 ospita la serie dell’Ospizio (‘Verrà la morte e avrà i tuoi occhi’). L’anno dopo Giacomelli frequenta una famiglia di contadini.

Il risultato è ‘La buona terra’, uno dei suoi lavori più importanti. E’ il trionfo di quella natura intrisa di spiritualità i cui inconsapevoli ‘sacerdoti’ sono proprio i contadini rimasti fedeli alle proprie radici. Giacomelli da parte sua resta sempre fedele a Senigallia. Nel cuore degli anni ‘80 crea ‘Il mare dei miei racconti’, serie di scatti aerei che ritraggono la spiaggia di Senigallia.

Prima e dopo altre fotografie ritraggono la costa senigalliese, come rivelano ‘Le mie Marche’ e ‘Il Mare’. Quando il 25 novembre 2000 Giacomelli se ne andò è come se una luce si spegnesse. Ma restano i suoi capolavori a illuminarci, oggi e per sempre.

Raimondo Montesi