Perseguitata e umiliata: "Ossessionato dalla gelosia"

Dopo anni da incubo, ieri è arrivata la condanna a 5 anni per un 34enne

Sognava di farsi una famiglia felice ma la breve convivenza con un ragazzo, più grande di lei di dieci anni, le aveva fatto capire che tra loro non c’era nessun futuro. Lui l’avrebbe insultata ripetutamente, ossessionato dalla gelosia, arrivando a farle anche cinquanta telefonate al giorno. Vietato uscire con le amiche, nella sua vita doveva esserci solo lui. "Non sai fare la madre, sei una poco di buono, tanto ti rovino", la offendeva quando per nulla innescava un litigio. Lei esasperata alla fine lo ha lasciato ma il ragazzo ha continuato. Quelli che prima erano maltrattamenti in famiglia sono poi esplosi in atti persecutori con pedinamenti, messaggi al cellulare per sapere dove stava, chiamate continue, anche di notte. Dopo la denuncia ai carabinieri c’era stato anche un divieto di avvicinamento nei suoi confronti. Per i militari infatti, che avevano informato la Procura, c’era il serio pericolo per l’incolumità della giovane che, all’epoca dei fatti aveva solo 18 anni. A distanza di sei anni dagli ultimi episodi il tribunale ha condannato l’ex della giovane, un napoletano che oggi ha 34 anni (la vittima adesso ne ha 24 di anni) a cinque anni di carcere per i reati di maltrattamenti in famiglia e stalking. Il verdetto è stato pronunciato mercoledì dal giudice Pietro Merletti. L’imputato, difeso dall’avvocato Claudia Manzotti, non era in aula e non si è mai presentato nelle udienze del processo. Il giudice lo ha condannato a pagare anche 60mila euro, subito esecutivi, come risarcimento danni alla ex.

La coppia si era messa insieme nel 2016 e dopo poco lei è rimasta incinta. La gravidanza avrebbe fatto cambiare il comportamento dell’imputato. Era diventato aggressivo, possessivo, maniaco del controllo. I due inizialmente non hanno vissuto insieme, troppo giovale lei per affrontare una gravidanza così si era appoggiata a vivere con i nonni. Il 34enne aveva una abitazione a parte ma, perso il lavoro, è stato poi ospitato a casa dei nonni della ragazza, solo per qualche mese. E’ stato in quel periodo che gli atteggiamenti sarebbero degenerati. Il bambino era già nato quando la 24enne ha iniziato a subire le offese e anche le percosse. Schiaffi, spintoni, ma mai un referto del pronto soccorso per dimostrare le botte subite.

Ad inizio del 2017 lei interrompe la relazione e lui le rende la vita impossibile cercandola di continuo con la scusa del bambino. Anche a distanza le avrebbe controllato la vita. La ragazza non poteva andare al parco con le amiche, in centro per fare acquisti. Vietato anche uscire la sera. "Che madre sei – le avrebbe fatto pesare lui – non vali nulla". In un giorno le avrebbe mandato anche 50 messaggi sul cellulare per far sentire la sua presenza. Impaurita la 24enne si era rivolta di nuovo ai carabinieri. Nel processo era parte civile con l’avvocato Valentina Copparoni. Il napoletano nel frattempo ha lasciato le Marche e si troverebbe al nord Italia dove si è trasferito per motivi di lavoro. Le motivazioni della condanna usciranno tra 90 giorni. La difesa dopo potrà valutare se ricorrere in appello sul punto dei maltrattamenti visti che una vera convivenza i due non l’avrebbero mai fatta.

Marina Verdenelli