Enea fugge da Troia, lo sbarco sulla costa, il ricorso alla Sibilla

Penna San Giovanni, Falerio Picenus e Rocca Ajello: antiche città che raccontano la storia dei troiani in Italia. Il fiume Salino, legato alla leggenda di Enea, scorre nel suggestivo Canyon.

Più su c’è Penna San Giovanni, cittadina antica a aristocratica. Oggi solitaria, un tempo molto vivace. Più in basso insiste l’antica Falerio Picenus, oggi Piane di Falerone, importante ai tempi di Roma conquistatrice. Sulla destra a salire, Rocca Ajello – attualmente altra cosa – vigilava l’ingresso ai territori dei Domini contadini. Gli fa da specchio Castel Bellucco, a guardia anch’esso delle terre dei Signori di campagna. Il torrente Salino scorre sotto il ponte della strada che conduce in alto, e va a buttarsi nel fiume Tenna. Il nome dice del suo stato: quello di un corso d’acqua salato, quantomeno nell’area di un intrigante Canyon. Anni fa realizzarono terme; secoli fa una salina per lo Stato della Chiesa. Una leggenda lega l’Adriatico, la montagna e il rio. Racconta di Enea fuggito da Troia. L’eroe porta Anchise sulle spalle, Julo per mano, e Creusa, dietro di loro che sparisce ombra tre le ombre. Viaggio sofferto quello degli ultimi troiani che il destino ha deciso sbarchino nella terra delle loro origini. Dardano veniva da qui, da Esperia; i suoi discendenti avevano fondato Troia. Un ritorno, dunque. La leggenda dice ancora dello sbarco di Enea sulle coste dei Piceni. I superstiti della strage cercano terre fertili, tribù accoglienti, acqua buona. Ma gli indigeni non vogliono. Sentono gli altri troppo diversi, se ne impauriscono. Sono conquistatori? Ed ecco il ricorso alla Sibilla che scruta l’orizzonte. Non occorrerà far guerra, renderà salato un fiume. Enea è già all’interno. Ha navigato il Tenna, si è spostato verso nord. I suoi assaporano l’acqua: è pessima, la rigettano, non è buona. Questa natura non fa per loro. Tornano indietro. Risalgono le navi. Mettono le prore a sud, per poi virare ad ovest.

Adolfo Leoni