Rocca Montevarmine: lo sguardo si perde tra potenza e carità

L'articolo racconta la storia della Rocca Montevarmine, antica fortezza che univa storia feudale e carità cristiana. Da proprietà del vescovo a ospitale per malati e bisognosi, testimonia un passato ricco e un presente di utilizzo agricolo.

Rocca Montevarmine: lo sguardo si perde tra potenza e carità

Rocca Montevarmine: lo sguardo si perde tra potenza e carità

Adolfo

Leoni

Il silenzio è quasi assoluto. Giusto qualche scoiattolo che se ne corre tra l’erba, o qualche picchio che svolazza tra terra e alberi. Per raggiungere a piedi la poderosa Rocca Montevarmine, a quattro chilometri dal paese di Carassai, due sono i sentieri. Il primo, più lungo, parte dal basso, dalla chiesa benedettina di Sant’Angelo in Piano, un tempo luogo di una grande fiera che univa le genti dei monti a quelle del mare. Il secondo è poco sotto le mura medievali. È un tratto breve che conduce sino all’ingresso ora sbarrato. Il giro esterno della fortificazione ci dice della sua importanza. E lo sguardo che si perde lungo i 700 ettari che contornano la Rocca ci fa capire la ricchezza antica e l’odierna possibilità di uso del grande territorio agricolo. Rocca Montevarmine somma in sé la storia feudale dei Signori contadini a quella di un Ospitale frutto di carità cristiana. Oltre trent’anni fa, quando già la costruzione era in decadenza, incontrai in quelle stanze un vecchio sacerdote, grande cultore di storia: don Giuseppe Michetti. Mi disse che Montevarmine poteva essere l’unione tra il concetto di alto (Monte) e la parola di derivazione longobarda Ward che stava per posto di guardia. Agli inizi del Mille, il territorio era proprietà del vescovo. Poi, gli successero i feudatari ghibellini originari di Massa, primo tra essi Guglielmino nipote del vescovo Gerardo. Un altro signore arrivò più tardi. Matteo Mattei ristrutturò l’insieme nel 1397. Ma fece anche di più, forse perché "la carità copre la moltitudine dei peccati". Lasciò tutta la tenuta alla Confraternita di Santa Maria della Carità, che aveva costruito un ospedale/ospitale a Fermo, di cui si può vedere il fregio su una parete dell’edificio di fronte alla facciata della sede centrale della Cassa di Risparmio. Il testamento del 1417 era chiaro: i campi ben coltivati e floridi di Rocca Montevarmine dovevano sostenere questo luogo di accoglienza e assistenza di malati, abbandonati, trovatelli, invalidi, anziani. Gli abbondanti prodotti dei campi che si sviluppavano intorno alla Rocca ne consentivano la commercializzazione. Il Papa l’aveva concesso ad una condizione: che non finissero nelle mani degli infedeli invasori. Erano tempi di dure contrapposizioni.