Scontro in ditta. Ora si cerca un accordo

Il tribunale di Ascoli valuta la richiesta di accordo per il ritiro della querela in un caso di presunta diffamazione sindacale. L'operaio difeso dall'avvocato De Vecchis è accusato di diffamare la titolare dell'azienda. Il processo si concentra sul messaggio inviato su WhatsApp e sul licenziamento del dipendente.

Scontro in ditta. Ora si cerca un accordo

Scontro in ditta. Ora si cerca un accordo

Si tratta per trovare un accordo fra le parti e consentire il ritiro della querela nell’ambito del processo in corso davanti al tribunale di Ascoli, riguardante una presunta diffamazione all’interno di un’azienda ascolana per questioni sindacali. Il giudice del tribunale di Ascoli Angela Miccoli ha preso atto della richiesta di rinvio di un operaio ascolano di 33 anni difeso dall’avvocato Alessio De Vecchis, che la Procura accusa di aver diffamato una 42enne titolare della ditta dove lavora e che si è costituita parte civile con l’assistenza dell’avvocato Mauro Gionni (foto). Una vicenda che risale al 12 giugno 2021 quando l’imputato ha inviato un messaggio al gruppo WhatsApp di cui facevano parte i dipendenti della ditta. Nello scritto l’uomo annunciava l’intenzione di istituire una rappresentanza sindacale. Nel farlo, però, secondo la Procura avrebbe offeso la reputazione della titolare. Nel messaggio inviato sul gruppo WhatsApp ha scritto "ho visto crescere esponenzialmente l’arroganza e il delirio di onnipotenza, la totale mancanza di rispetto verso chi lavora". Secondo l’operaio l’obiettivo per cui voleva creare la rappresentanza sindacale era quello di "creare un ambiente giusto, corretto e di rispetto per chi lavora e non un ambiente di terrore". Rivolgendosi ai colleghi, il 33enne ascolano ha scritto anche "voi avete affermato che va tutto bene e non ci sono problemi, quando siete stati messi con le spalle al muro". A seguito di ciò il dipendente era stato licenziato dall’azienda. Assistito dall’avvocato Christian Lucidi, ha fatto ricorso alla Corte d’Appello di Ancona che gli ha dato ragione reputando "discriminatorio" il licenziamento. La Corte ha anche disposto il reintegro del lavoratore e un indennizzo. Nell’ambito del processo penali si cerca un accordo fra le parti.

Peppe Ercoli