Bruzzone: "Come le favole diventano incubi"

La criminologa la sera del 2 aprile sul palco del Dehon con tre storie di donne: "Tutte hanno agito sulla scorta di stereotipi di genere"

Bruzzone: "Come le favole diventano incubi"

Bruzzone: "Come le favole diventano incubi"

Bologna, 2 aprile 2024 – Alcuni dei più sconvolgenti femminicidi degli ultimi anni hanno un comune denominatore: l’incubo si era travestito da favola. Vicende inconcepibili, eppure reali. Violenze messe in atto grazie sì alle subdole tecniche manipolatorie degli assassini, ma anche grazie agli stereotipi di genere, radicati e tutt’altro che innocui. Roberta Bruzzone, criminologa e psicologa forense, stasera alle 21 porta in scena al Teatro Dehon Favole da incubo. Viaggio nella manipolazione affettiva (sold out già da mesi).

Bruzzone, cosa accomuna i casi che prende in considerazione nello spettacolo?

"Parlo di tre storie, quella di Elena Ceste, di Roberta Ragusa e di Arianna Flagiello. Tre storie diverse, chiaramente, ma che hanno un fil rouge che le unisce e che passa attraverso la favola iniziale. Tutte e tre sono state abbagliate da una versione irrealistica del compagno, passata attraverso una serie di tecniche manipolatorie tipiche. Ognuna di loro, inoltre, ha agito sulla scorta di una serie di stereotipi di genere, improntati all’accudimento e alla confusione tra controllo e amore. Alla fine sono state travolte da un tragico epilogo".

Il femminicidio di Giulia Cecchettin, 22enne uccisa a novembre dall’ex fidanzato Filippo Turetta, ha avuto una grande risonanza mediatica e ha scosso, più di altri, l’opinione pubblica. Perché?

"Ho un’idea abbastanza chiara su questo: Giulia Cecchettin risponde perfettamente a quelli che sono i principali requisiti patriarcali. È una brava ragazza, non si trucca, non beve, non ha uno stile di vita apparentemente a rischio, ha una relazione con un altrettanto bravo ragazzo, studioso e apparentemente concentrato solo su di lei. Quindi sulla carta, una ragazza come Giulia Cecchettin non avrebbe mai dovuto andare in contro a un destino tanto tragico. Invece è accaduto. Ha risvegliato una grande attenzione intorno a sé, perché anche i più restii ad assolvere le donne hanno avuto problemi ad attribuire a Cecchettin qualche motivo per cui ‘se la sarebbe cercata’".

Anche il deficit educativo contribuisce ad alimentare la violenza di genere?

"Il deficit educativo è certamente uno degli imputati su questo banco sempre più ampio. Sicuramente sì, la maggior parte degli stili genitoriali attuali è improntato a una totale inconsistenza. Il modello educativo per cui un maschio cresce con l’idea che tutto gli sia concesso, che possa fare qualsiasi cosa, soprattutto nei confronti delle donne che fanno parte della sua vita, è un modello complice di chi maltratta e uccide le donne".

Ritiene che il deficit educativo riguardi anche l’ambiente scolastico?

"Farei una precisazione. Non si può pensare che sia la scuola a insegnare a un ragazzo o a una ragazza come stare al mondo".

Lei è mai stata vittima di stereotipi di genere?

"Qualcuno ha cercato di ingabbiarmi in quel tipo di condizione ma io sono sempre stata abbastanza refrattaria, sin da piccolissima. Chiunque ci abbia provato se lo ricorda ancora, e non certo come un evento piacevole".

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