
di Nicodemo Mele
Un affioramento marmoreo sull’Appennino bolognese. È quello che è stato scoperto qualche giorno fa nel territorio del Comune di Castiglione dei Pepoli. Per la precisione ad ovest della frazione di Lagaro. La scoperta è stata fatta dai volontari di Arca (Archiviazioni, ricerche, collettività) Appennino bolognese, l’associazione che si occupa della promozione e della cura dei siti culturali e paesaggistici della nostra montagna.
"La scoperta di questo affioramento marmoreo – racconta Dario Mingarelli, studioso di storia e cultura dell’Appennino bolognese – è stata del tutto casuale. Ma la sua presenza è stata documentata sin dall’800. Esistono nello specifico due pubblicazioni. Una è del 1838, gli Annali di Storia Naturale, e l’altra del 1850 (Memorie dell’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna), in cui lo stesso studioso espone che "Il Marmo di Lagaro è roccia di sollevamento così come lo sono i serpentini, e rassomiglia ai marmi di Carrara …". Con gli animatori dell’Arca abbiamo prelevato un pezzo di questo marmo e fatto levigare da un marmista. È venuta fuori una bella pietra grigia con macchiettature bianche. Di sicuro carbonato di calcio, se è vero che a valle di questo affioramento abbiamo scoperto delle calcinarie, delle fornaci di calce che veniva estratta in zona".
L’affioramento marmoreo di Lagaro è oggetto di un servizio televisivo andato in onda anche su 7Gold e alle 20 su Rete8. "Cava di marmo e calcinaria – afferma Martina Mari, reporter di Ercole Tv che ha curato il servizio e seguito tutta la spedizione di Arca – si trovano vicino ad un antico mulino dove un tempo si produceva calce e che ora è uno dei pochissimi mulini che macina a pietra i grani antichi coltivati nel campo accanto. Si chiama Mulino del Rosso".
Ma la cava di marmo di Lagaro era sfruttata? E perché non troviamo testimonianze dei suoi marmi nei palazzi bolognesi?
"I segni del suo sfruttamento – risponde Mingarelli – stanno nelle numerose linee di coltivazione che si notano bene in questa cava. Addirittura di fianco si trova un enorme masso di forma cubica che era stato abbandonato.
Dove finiva questo marmo? Non lo sappiamo, faremo altre ricerche. Una cosa è evidente: il sito doveva essere noto sin dall’antichità. Nelle vicinanze sono state trovate diverse tombe di epoca romana".
Fabio Righi, animatore dell’associazione Arca, aggiunge: "Sono tanti i minerali e i fossili che arricchiscono a livello geologico il nostro Appennino.
Oltre al marmo di Lagaro c’è il quarzo di Monte Acuto Ragazza, le spugne marine e i denti di squalo di Monte Vigese e Montovolo, le vongole preistoriche di Santa Maria di Castiglione".