VALERIO BARONCINI
Cronaca

Fabio Roversi-Monaco: "Genus Bononiae, non è una dismissione. Tutele per i dipendenti"

Il fondatore della rete museale ora a caccia di un gestore specializzato "Grazie a professionisti del settore la valorizzazione di questi luoghi sarà migliorata. Il Museo della Città? Pensare a sinergie con il Comune".

Fabio Roversi-Monaco: "Genus Bononiae, non è una dismissione. Tutele per i dipendenti"

Fabio Roversi-Monaco: "Genus Bononiae, non è una dismissione. Tutele per i dipendenti"

Bologna, 19 febbraio 2024 – Fabio Roversi-Monaco, Genus Bononiae cambia. La gestione della rete dei musei di cui lei è stato il papà verrà affidata a un esterno. Come la vede?

"Mi sono messo nella mente di coloro che hanno preparato il riassetto del progetto. E ho capito bene: il bando prevede l’ipotesi di attribuzione a un soggetto selezionato della gestione delle quattro sedi (Palazzo Fava, San Colombano, Santa Maria della Vita e San Giorgio in Poggiale, ndr). Non è una dismissione del patrimonio, ma una specializzazione della gestione, per migliorare la valorizzazione di questi luoghi grazie a competenze di significativa qualità".

Ma così non si rischia di snaturare Genus?

"Non mi risulta che Genus possa diventare allo stato una immobiliare".

Ma come?

"Il Museo della Città di palazzo Pepoli non è inserito nel bando e il governo degli altri plessi resta in mano alla Fondazione".

Quindi?

"Credo che vada considerata anche una possibile sinergia con i Comune: l’amministrazione comunale ha, di fronte, Palazzo Pepoli-Campogrande. Questa potrebbe essere una possibile sinergia".

Potrebbe significare una ritrovata centralità per il Museo dell Città che, a dirla tutta, non è più al centro del movimento culturale cittadino e non solo, nonostante sia un luogo bellissimo?

"Il Museo della Città? Io ho cessato di occuparmene da parecchi anni, per me certamente potrebbe essere una occasione di rilancio".

Il mondo è cambiato: crisi climatiche, pandemiche, guerre. Il sociale è al primo posto.

"Sono state fatte spese importanti nel settore cultura in passato, nell’ultimo periodo spesa e costi sono stati molto minori".

Dunque non ha paura di questa fase nuova?

"No, può anzi dare una spinta diversa, a intenti e persone: il bando mira proprio a sottolineare che si deve proseguire con il lavoro fatto e la cosa migliore è farlo con la guida di Fondazione e Genus Bononiae, che non scompaiono mica. E poi mi lasci dire: c’è spazio sufficiente perché l’attuale dirigenza della Fondazione abbia le forze per risolvere i problemi a prescindere da quello che posso dire o fare io".

Non le dà fastidio che le sue creature finiscano in mani altrui?

"Se altri li gestiscono professionalmente, a me va benissimo. Nel bando, al punto 4, si dice che il gestore, utilizzando strumenti e competenze di massima qualità, realizzerà il programma secondo gli indirizzi specifici e generali in collaborazione con Fondazione Carisbo e per lì’attuazione delle finalità statutarie della Fondazione stessa".

Dunque, un ‘nuovo vestito’ ma con la stessa testa?

"Genus Bononiae, come braccio operativo della Fondazione, non smette di esistere. Il mantenimento del patrimonio e il controllo sui contenuti, con l’ausilio di una società selezionata e specializzata che abbia piena competenza dal punto di vista culturale, credo siano profili significativi. La qualità sia considerata. E adeguatamente tutelata".

Ci sono però altre considerazioni da fare. I dipendenti.

"Mi pare che il bando li tuteli tutti dal momento che essi devono essere assorbiti nel nuovo gestore".

Confessi, infine: non le dispiace tutto questo?

"E’ una svolta non rinviabile, in un mercato culturale sempre più professionalizzato. Poi mi dispiace? Sì, mi dispiace. Genus Bononiae è una mia creatura, che era nata e ha prosperato. Ma i figli crescono. E queste sono solo mie valutazioni, il compito di decidere è nelle mani della Fondazione Carisbo il cui fine, come emerge, è la rinnovata valorizzazione del progetto Genus Bononiae".