GILBERTO DONDI
Cronaca

"Garisenda, tre ipotesi di crollo". Nelle carte del comitato l’allarme già a fine febbraio

Una simulazione risalente a nove mesi fa analizzava il possibile collasso del monumento. Al vaglio gli scenari dell’implosione, della caduta sulla Basilica sottostante e verso l’Asinelli.

I disegni sono molto chiari e hanno una data precisa: 22 febbraio 2023. Nove mesi fa. Già allora gli esperti del comitato tecnico scientifico parlavano di un possibile crollo, tanto da fare le simulazioni su come potrebbe cadere la Garisenda. Gli scenari sono tre e vengono pure illustrati: il primo prevede il crollo della torre a est, verso la basilica dei santi Bartolomeo e Gaetano, il secondo a sud, verso l’Asinelli, e il terzo implodendo su se stessa. A corredo, un titolo piuttosto esplicito, pur nel linguaggio asettico dei tecnici: "Possibili meccanismi di collasso della Torre Garisenda".

Nel verbale della riunione che si è svolta appunto il 22 febbraio, i tecnici scrivono che "le modellazioni indicano che in caso di crollo, questo si innesca al centro per cui è probabile che avvenga tramite implosione". All’epoca, dunque, l’ipotesi più probabile era l’implosione. Nel frattempo, però, è iniziata e si è accentuata sempre più la torsione verso sud-est, cioè in direzione dell’Asinelli. Quei tre scenari, comunque, sono gli stessi che tuttora gravano sulla Garisenda. Dunque, già dalla primavera scorsa gli esperti (architetti, ingegneri e professori) del comitato, sciolto di recente dal sindaco Matteo Lepore dopo la consegna della relazione finale, parlavano apertamente di rischio collasso. Le posizioni, per la verità, non erano univoche e i toni avevano sfumature diverse. Era in atto una discussione sugli interventi da attuare per rinforzare la base che aveva (e ha tuttora) problemi di stabilità. Si parlava di iniezioni di malta e di pali di sostegno, ma alla fine nessuno degli interventi è stato eseguito perché, all’ultimo momento, c’erano sempre dubbi e supplementi di indagine. Di rischio di crollo, ad ogni modo, si è sempre parlato anche nelle riunioni successive, a marzo, ad aprile, a luglio e a settembre, fino ad arrivare a ottobre, quando è scattato l’allarme vero e proprio sfociato nei provvedimenti che tutti conoscono: il transennamento dell’area sotto la Garisenda, la chiusura al traffico di una parte di via San Vitale, l’aggiornamento del piano di protezione civile.

E mentre Fratelli d’Italia ha presentato un esposto in Procura sui presunti ritardi da parte del Comune nell’attivarsi, resta da capire come mai nessuno dei dirigenti di Palazzo d’Accursio presenti all’interno del comitato non abbia avvisato il sindaco nel corso dei mesi. Lepore infatti, spiegano dal municipio, è stato informato solo il 13 ottobre scorso, quando ha convocato una riunione proprio con quei tecnici ed è venuto a conoscenza del livello di allarme. A quel punto ha fatto tre cose: ha nominato una task force, ha preso i contatti con la società Fagioli, quella del ponte Morandi a cui è stato affidato l’intervento di messa in sicurezza, e ha aggiornato il piano di protezione civile. Poi, dopo che il 20 ottobre la Soprintendenza ha scritto al ministero dei Beni culturali e allo stesso Comune, Lepore ha chiesto un comitato per l’ordine pubblico in prefettura, dove è stata esaminata la situazione e, pur in assenza di un pericolo specifico per la collettività, sono state prese tutte le misure ormai note.

"I fatti parlano da sé – spiega l’amministrazione –, quando il sindaco è stato informato ha dato subito disposizioni di attivarsi".

Proprio oggi, peraltro, Lepore presenterà il cantiere con cui la Fagioli metterà in sicurezza l’area attraverso il cosiddetto ’catino’, alto 4-5 metri, che dovrà proteggere persone ed edifici in caso di crollo della torre. Il tutto in attesa del restauro vero e proprio, che durerà anni.

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