FRANCESCO MORONI
Cronaca

La visione di Cucinella: "Un ospedale innovativo sul modello di Cremona. Anche Bologna lo merita"

Parla l’archistar: dalle grandi opere al rilancio delle periferie, fino ai progetti finiti nel dimenticatoio "Per cambiare serve condivisione, non si può solo imporre di andare tutti a 30 all’ora da domani".

Un rendering dell'ospedale di Cremona

Un rendering dell'ospedale di Cremona

Bologna, 15 dicembre 2023 – Il nuovo ospedale-parco, appena presentato a Cremona, è l’ultima delle opere di Mario Cucinella che unisce innovazione e sostenibilità. Sport e salute. Contesto sociale e culturale. Un edificio circolare e interconnesso di sette piani, immerso nel verde e con uno specchio d’acqua al centro, che non vanta solo servizi di diagnosi e cura, ma anche spazi di aggregazione, svago, cura della persona. "Anche a Bologna ci sono possibilità fantastiche, ma si continua a rimandare", puntualizza subito l’archistar.

La gara per realizzare il progetto cremonese se l’è aggiudicata MCA (Mario Cucinella Architects) in cordata con Artelia Italia, Milan Ingegneria e Land Italia: "Si è trattato di un bando ambizioso e visionario – racconta Cucinella –, perché non c’era solo l’esigenza di costruire un ospedale efficiente, ma si chiedeva un carattere architettonico forte. Aspetto non così comune. Un modello da prendere e replicare, insomma. Ma ci vuole coraggio...".

Un progetto che può essere replicato anche sotto le Torri?

"Certo. Ma a Bologna, forse, per troppo tempo è mancata la voglia di attuare trasformazioni vere".

È diventata la città delle occasioni mancate?

"Non arriverei a dire questo, ma un aspetto l’ho sempre sottolineato...".

Quale?

"Un ospedale dentro un parcheggio, come il Maggiore, non mi sembra all’altezza di una regione con un servizio sanitario di altissimo livello. La città si merita di più, ma deve essere la componente pubblica a fare da traino, non si possono solo aspettare gli investitori privati".

Vicino al Maggiore ci sono i Prati di Caprara. Più in là altri complessi militari abbandonati e alcune aree libere a Borgo Panigale. Opportunità da sfruttare?

"L’ospedale andrebbe umanizzato. Accanto c’è un’area verde abbandonata da non so quanti decenni: non si capisce come non si possa fare un grande parco con dentro un ospedale, una scuola, connessioni con l’università. Parliamo di un’area importantissima, che va dal Ravone fino al Reno".

Una zona nevralgica, a due minuti dal centro. Le periferie vanno valorizzate di più?

"Ci vuole visione. Qualche anno fa, con Francesco Ubertini alla guida dell’Alma Mater, facemmo un’iniziativa per valorizzare quell’asse strategico, la zona che va dall’ospedale all’aeroporto. Per non parlare del Lazzaretto. È una spina dorsale. Infrastrutture, verde, servizi pubblici: questa è una città che merita qualità".

Ora alcune trasformazioni cominciano a prendere forma...

"Menomale, direi. Per anni si è discusso tanto, ora si è deciso di partire. Credo che questo racconti la realtà bolognese degli ultimi anni: è mancato il desiderio di trasformare la città. Oggi penso sarebbe inaccettabile, politicamente e non solo, non parlare di investimenti quando ci sono, ad esempio, le risorse del Pnrr. Mi piacerebbe anche che la politica si rendesse conto come non stia facendo una cosa eccezionale, nel vero senso della parola, ma qualcosa su cui per anni è stata molto in ritardo. L’attitudine deve essere molto diversa".

Parliamo anche del Passante?

"Voglio dire la verità: è una scelta che non condivido. Poteva essere fatto a nord, e trasformare un grande pezzo di tangenziale in un percorso ciclo-pedonale immerso nel verde. Un anello intorno alla città, integrato con l’allargamento autostradale. Una grande strada verde, una rivoluzione per avvicinare i cittadini a una mobilità più dolce, più attenta".

Grandi opere: la Garisenda, invece, è stata trascurata? Si è parlato anche di un concorso internazionale di idee per capire come intervenire.

"La Garisenda è un problema talmente tecnico che, onestamente, una gara per sapere come tenerla su non mi sembra la soluzione ideale. Io penso, invece, che opportuno chiamare i migliori al mondo. E credo serva un piano pubblico su come gestire e ripensare la zona intorno. Poi, però, bisogna rivolgersi a chi fa questo di mestiere".

Qualche spunto?

"Penso a Jan Gehl, architetto danese di uno degli studi più affermati in tema di partecipazione alle trasformazioni urbane. Ha un curriculum straordinario, lo cercano tutte le amministrazioni comunali del mondo: è lui che si è occupato di pedonalizzare Times Square, a New York, e ha migliorato moltissimo il centro di Copenaghen. Significherebbe rivolgersi a qualcuno che si occupa di questi temi da oltre 30 anni. Un concorso pubblico mi sembra più che altro propaganda, mentre occorrerebbe fare un’analisi seria sul mercato delle trasformazioni, per poi fare affidamento a un luminare. Altrimenti si rischia solo un grande circo di chiacchiere: io preferisco essere pragmatico e attento, invece".

Sulla Montagnola si va avanti: c’è il suo progetto di riqualificazione per creare una nuova struttura a basso consumo energetico, con una sala polivalente e spazi per le attività.

"Al di là delle polemiche che sono venute fuori, quel parco ha bisogno non solo di questo edificio, ma di una rigenerazione più ampia: pavimentazioni, panchine, aiuole, giochi per i bambini. La Montagnola deve diventare bella, un posto ricco di natura e di socialità. Così degrado e degenerazione se ne vanno, perché se l’area è frequentata e vissuta ogni giorno positivamente, piano piano certi soggetti se ne vanno".

Continuando a parlare di opere, soprattutto quelle divisive, l’ultima fiamma del dibattito pubblico bolognese è la pensilina di marionanni per il Modernissimo. C’è chi non la può proprio vedere...

"Beh, innanzitutto aspetterei di vederla finita (sorride, ndr). Quello che ho pensato è che si sta portando avanti lo slogan di utilizzare gli spazi interrati, come se fossero stati riscoperti ora. Io però sono anni e anni che dico di ridare vita al sottopassaggio proprio lì davanti, su via Rizzoli... Eppure continuo a vedere una posizione contraria, più di natura politica, a certe proposte".

Pochi giorni fa è stata inaugurata la nuova piazzetta Guazzaloca. Lei, durante il mandato dell’ex sindaco, proprio in piazza Re Enzo aveva portato le sue famose ‘gocce’.

"Ora sono dimenticate in cantina (si trovano in un deposito del Comune, ndr), ma allora avevano avuto un grande richiamo internazionale...".

Cinque anni fa realizzò anche il bosco temporaneo in piazza Santo Stefano, a sua volta contestato. Per non parlare della provocazione di completare la facciata di San Petronio con foglie e verde...

"Secondo me c’è bisogno di un po’ più di coraggio e un po’ meno di posizioni ideologiche, che alla fine frenano la creatività. Il bosco temporaneo fu un operazione forte proprio perché portava in un luogo sacro qualcosa di contemporaneo e moderno. All’inizio nessuno lo voleva, poi tutti hanno chiesto di tenerlo... Le città hanno anche bisogno di trasformazioni fatte con attenzione, no?".

Anche il centro si è trasformato, soprattutto per il turismo. Lei cosa ne pensa?

"Il centro di Bologna è bellissimo così, ma mi piacerebbe prendere come spunto Copenaghen".

Ci dica.

"È una cittadina con un centro molto simile a Bologna: per una pedonalizzazione completa ci sono voluti 25 anni. Perché è chiaro che i grandi cambiamenti non possono avvenire in cinque minuti: bisogna accompagnare la città. Un’operazione culturale che deve essere soprattutto graduale. Altrimenti basta dire ‘Da domani andiamo tutti a 30 all’ora’, ma le cose non funzionano così".

Si riferisce a ‘Bologna Città 30’?

"Torno ancora una volta sul principio che è necessario avere una visione, per accompagnare i mutamenti sul medio-lungo periodo. Le città a cambiare ci mettono 30 anni: ci vogliono continuità politica, anche con sindaci di schieramenti diversi, e scelte condivise. Forse è la mancanza di quest’ultime la vera fragilità di Bologna".