
Un’immagine dell’allestimento all’Arena del Sole
Se l’aspettava Francesca Mazza una pioggia così fitta di premi Ubu (ben quattro) per La ferocia, lo spettacolo di cui in questo periodo è interprete? Lei, che grazie al ruolo di Annamaria Salvemini ha ricevuto in dicembre all’Arena del Sole uno dei prestigiosi riconoscimenti, risponde cauta: "Già dal debutto ci siamo resi conto che l’allestimento funzionava ma non immaginavamo tanto successo e tante repliche. Bisogna ricordare che si tratta pur sempre dell’allestimento nato da una compagnia indipendente".
Tratto dal romanzo di Nicola Lagioia vincitore dello Strega nel 2015, La ferocia racconta le vicende dei Salvemini, influente famiglia di costruttori pugliesi i cui segreti sono messi a rischio dalla morte violenta della giovane Clara. Denaro, cupidigia, violenza, ricatti: una saga in cui le colpe dei padri ricadono sui figli, un bestiario che racconta l’incapacità di sopprimere l’istinto di prevaricazione, una danza della cruente vanità del potere. L’allestimento della compagnia VicoQuartoMazzini, vincitore appunto agli Ubu come migliore spettacolo, arriva oggi e domani all’Arena del Sole con la regia di Michele Altamura e Gabriele Paolocà (che sono anche tra gli attori): gli altri riconoscimenti sono andati a Giulia Pastore per il disegno luci e a Francesca Mazza e Leonardo Capuano come migliori interpreti. Dunque, uno sguardo non scontato sul Sud, un’analisi di un microcosmo che parla della società in senso lato. Perché, come ha detto Lagioia, "fa impressione notare come la parola ferocia sia diventata lo sfondo dell’atmosfera in cui viviamo".
Mazza, perché il teatro si rivolge sempre più spesso alla letteratura per raccontare le proprie storie?
"Credo che, come Luca Ronconi ci ha insegnato, sia interessante e prezioso guardare ai romanzi. Questo succede non solo perché da noi, contrariamente a quanto accade in Inghilterra e in Francia, faticano a fiorire i giovani drammaturghi. L’adattamento mirabile che Linda Dalisi ha fatto del romanzo dimostra quanto impegno e originalità si possa profondere nella riscrittura di un testo".
Chi è Annamaria, il suo personaggio?
"Una donna che elabora le proprie ferite con spietatezza. In realtà la vera protagonista, pur nella sua assenza, è Clara, la ragazza con cui tutti parlano. Perché il femminile è vittima. La vicende si svolge dentro e fuori una casa che ricorda l’asettico modellino di un’abitazione. C’è una voce, quasi un podcaster, a tirare le fila della narrazione e a guidare lo spettatore".
Un dramma che rimanda al clima dei grandi testi europei del Novecento?
"Il riferimento più diretto va, secondo me, alla tragedia greca. C’è la famiglia al centro di tutta la vicenda perché quelle dinamiche sono da sempre lo specchio della società. E c’è quella parola, ferocia, a comunicarci un istinto animale che non è destinato a placarsi".
Cosa l’aspetta nei prossimi mesi?
"Un’Antigone questa estate a Ostia Antica con Roberto Latini. L’aspetto insolito è che lui sarà Antigone ed io Creonte".