NICOLETTA
Cronaca

Omar e la ’ndrangheta. Un legame di sangue. E dal passato rispunta il clan Grande Aracri

Mohamed, arrestato dalla Finanza e ieri muto davanti al giudice, era già finito nelle carte della maxi-inchiesta Aemilia. Il suo protettore era il cugino, affiliato alla cosca Arena-Nicosia.

Omar Mohamed, 39 anni, originario di Crotone da anni gestiva diverse attività in città

Omar Mohamed, 39 anni, originario di Crotone da anni gestiva diverse attività in città

Tempera

Il nome di Omar Mohamed compare per la prima volta nella mole di conversazioni intercettate dai carabinieri nell’operazione anti-ndrangheta Aemilia. Il poliedrico imprenditore trentanovenne arrestato dalla Finanza, che ieri, difeso dall’avvocato Matteo Murgo, si è avvalso della facoltà di non rispondere con il gip Domenico Truppa, gravitava in regione almeno dal 2011. E, stando alle indagini, già si occupava di riscossione crediti. In questo contesto ‘professionale’ sarebbe entrato in conflitto con un imprenditore modenese che a sua volta, stando a quanto emerso nel corpo delle indagini di Aemilia, era andato a lamentarsene con il clan Grande Aracri. In difesa di Mohamed era allora intervenuto un personaggio che, più volte, ricorrerà nell’inchiesta del Gico della Guardia di Finanza: ossia Aldo Poerio, cugino da parte di madre del trentanovenne arrestato mercoledì dalla Finanza. Poerio, soggetto affiliato alla ’ndrina degli Arena-Nicoscia di Isola Capo Rizzuto, residente a Viadana, nel Mantovano, non disdegnava - almeno da quanto emerso a seguito dei controlli da parte delle forze dell’ordine in cui nel tempo si era imbattuto - di intrattenere rapporti con il clan dei cutresi, guidato da Nicolino Grande Aracri. Proprio in forza di queste conoscenze, Poerio, venuto a sapere delle lamentele da parte dell’imprenditore modenese, era intervenuto nel 2011 in favore del cugino con i membri del clan di Cutro.

L’ingresso di Omar sulla scena imprenditoriale bolognese arriva tre anni dopo questo fatto, nel giugno 2014, quando viene costituita la società Gioka Srl, in cui il crotonese entra con il 40% delle quote. La società gestisce gli impianti sportivi del Dopolavoro ferroviario di via Serlio: proprio fuori da quest’area, nel settembre del 2016, compare di nuovo il cugino Poerio. È presente quando Mohamed pesta un altro calabrese, ‘reo’ (stando a quanto captato nelle intercettazioni dell’operazione ‘Ragnatela’ di Finanza e carabinieri) di aver schiaffeggiato Poerio a Isola Capo Rizzuto. In quell’anno, la carriera di imprenditore di Mohamed aveva già spiegato le vele, con la nascita della Mangia Semplice, a cui fanno capo Pizzartist al Dopolavoro e l’Ostrica Pazza in via Orefici. Nel 2017 costituisce la Food Italy; l’anno dopo ancora arriva Spazio 85 e anche qui compare il cugino calabrese, che gli invia, sotto forma di prestiti infruttuosi, 100mila euro: solo una parte andranno nella società. Il resto, Omar lo spenderà in macchinoni e bella vita. E poi arriveranno i locali di via San Mamolo, Crudo e Sforno, e la gestione di una trentina tra garage, magazzini e uffici. Affari leciti di facciata, ma dai profitti eccessivi, anzi "opachi" per usare le parole del gip Truppa, che Mohamed sicuramente non temeva di ostentare, anzi. Attività parallele a quelle che la procura, con il pm Flavio Lazzarini, gli contesta: l’usura, lo stalking, il favoreggiamento della prostituzione, il tentato sequestro di persona, lo spaccio esercitato nei suoi locali. Una vita sopra le righe, ostentata anche in quel periodo di profonda recessione e stallo che arriva con il Covid. In questo periodo è la Squadra mobile, impegnata in un’inchiesta sulla droga, a imbattersi in questa figura troppo ‘esuberante’, certamente anomala rispetto agli interlocutori, discreti e sempre sottotraccia, con cui si rapporta. La palla passa allora alla Finanza. Il resto è cronaca.