DONATELLA BARBETTA
Cronaca

Undici trapianti di rene in 7 giorni a Bologna, padre dona e salva la figlia: "Una grande gioia"

Sant’Orsola, la ragazza: "Ero costretta a vivere con un catetere alla gola" Da inizio anno eseguiti 92 interventi, quasi 500 i pazienti in lista d’attesa

Arianna, 28 anni, e il padre Raffaele Urgesi, 56: dimessi dal Policlinico

Arianna, 28 anni, e il padre Raffaele Urgesi, 56: dimessi dal Policlinico

Bologna, 6 ottobre 2023 – Undici trapianti di rene in sette giorni. La scorsa settimana (dal 25 settembre al 1° ottobre) chirurghi e medici specialisti dell’Irccs Sant’Orsola hanno portato a termine una maratona in sala operatoria. Vivono così con nuovi organi 6 uomini e 5 donne: sette sono residenti emiliano-romagnoli, mentre altri 4 pazienti provengono da fuori regione.

La più giovane ha appena 28 anni, il più anziano ben 79. Degli interventi si è incaricata l’équipe di Matteo Ravaioli, direttore del programma di Chirurgia addominale nell’insufficienza d’organo terminale e nei pazienti con trapianto d’organo, mentre i pazienti sono stati seguiti dagli specialisti della Nefrologia, coordinati da Giorgia Comai. Fondamentale, per il buon successo dei trapianti, la collaborazione della Terapia intensiva post chirurgica diretta da Antonio Siniscalchi e dell’Anatomia patologica diretta da Antonietta d’Errico nonché lo sforzo di tutto il personale tecnico e infermieristico. Da inizio anno il programma di Trapianto di rene diretto da Gaetano La Manna, che coordina le attività di trapianto di questo organo, raggiunge quota 92 trapianti (69 da cadavere e 23 da vivente). Sono circa 490 i pazienti iscritti in lista d’attesa, il 49% da fuori regione.

La storia

Ha donato un rene per ridare la vita a una ragazza di 28 anni. I protagonisti sono padre e figlia: gli interventi sono stati eseguiti al Sant’Orsola la scorsa settimana e i due pazienti, pugliesi, già dimessi.

"È andato tutto bene – spiega Arianna Urgesi – e se n’è accorta anche la mia bambina, di 2 anni. Le ho fatto una videochiamata e quando mi ha visto ha chiesto ’e la bua della mamma?’. Le ho risposto che è passata perché sono andata dal dottore".

La bimba, infatti, era abituata a vedere la madre con il catetere alla gola e i cerotti. "Ero così da giugno, da quando ho iniziato la dialisi – ricorda la donna –, avevo dei piccoli tubi che poi venivano collegati al macchinario tre volte alla settimana per tre ore. Adesso questo incubo è finito. Cammino già bene e i dolori stanno quasi per scomparire".

Arianna vive a Ceglie Messapica, in provincia di Brindisi, la sua era una vita normale fino a nove anni fa.

«Dopo il diploma all’istituto alberghiero ho iniziato a lavorare nel ristorante di famiglia, dove mi occupo della sala e dell’accoglienza. Ma un giorno – ricostruisce –, durante un controllo annuale degli esami del sangue, i valori della creatinina erano alti, allora mi sono sottoposta a una biopsia al Policlinico di Bari ed è emersa un’insufficienza renale cronica". Da lì controlli ogni sei mesi e poi più ravvicinati, a tre mesi. A giugno, però, la situazione si complica.

"Ho iniziato ad andare all’ospedale di Francavilla Fontana per la dialisi e nel frattempo un medico mi ha consigliato di venire a Bologna, al Sant’Orsola, per cercare la strada del trapianto. Così a maggio sono stata inserita nella lista d’attesa da cadavere – precisa –, ma intanto sono iniziate i test di compatibilità con mia madre per un’eventuale donazione di un rene".

Però i risultati non sono stati incoraggianti, la mamma era incompatibile. E allora l’attenzione si è spostata sul padre di Arianna.

“Ho fatto le prove e sono risultato idoneo e compatibile – precisa Raffaele Urgesi, 56 anni, titolare di un’impresa edile – ed è stata una grande gioia. Per i miei figli, ho anche un ragazzo di 26 anni, farei questo e altro. Se ho avuto paura? No, il giorno dell’intervento ero tranquillo".

La figlia ammette che "quando è venuto in camera a salutarmi, prima di andare in sala operatoria, ci siamo commossi, ma sapevamo di essere in ottime mani. Ringrazio tutto il personale del Sant’Orsola e il chirurgo Matteo Ravaioli che mi ha operato".

Adesso è già tempo di pensare al rientro in Puglia.

"Sono stato dimesso a distanza di una settimana dall’intervento, 24 ore prima di mia figlia – osserva il padre –. Al risveglio ho sentito un po’ di dolore, ma dopo due giorni mi sono alzato dal letto e ho fatto i primi passi e da allora i miglioramenti proseguono. Ora siamo ospiti da una nostra parente che vive a Bologna e non vediamo l’ora di poter affrontare il viaggio per tornare a casa".