Di Cioccio: "La magia di Faber è ancora intatta"

Lunedì all’Europauditorium il concerto sold out ’Pfm canta De André Anniversary’: "Un incontro che ci ha cambiato la vita"

Di Cioccio: "La magia di Faber è ancora intatta"

Di Cioccio: "La magia di Faber è ancora intatta"

Era il ’78, mancavano quattro giorni a Natale e al palasport di Forlì prendeva il via una delle più esaltanti avventure del pop italiano. Fabrizio De André incontrava la Pfm, mettendo in strada una memorabile serie di concerti documentata il mese successivo dal (doppio) album dal vivo registrato al Teatro Tenda di Firenze e qui a Bologna, al Palasport di piazza Azzarita. Ecco perché l’approdo lunedì prossimo all’Europauditorium di Franz Di Cioccio & Co. col tour del quarantacinquennale ’Pfm canta De André Anniversary’ ha il sapore di un viaggio nel tempo a cui prestano suoni ed esperienza tre ospiti d’eccezione quali Flavio Premoli a fisarmonica e tastiere, Michele Ascolese (collaboratore storico del cantautore genovese) alla chitarra e Luca Zabbini, leader dei Barock Project, alle altre tastiere. Evento sold-out già da mesi, che ha indotto gli organizzatori a metterne in cartellone una seconda data il 20 maggio, sempre all’Europauditorium. "Io e Patrick Djivas (insieme nella foto) siamo due ragazzi ‘cresciuti’ che provano ad infiammare questo tributo con la passione di quel tempo lontano" assicura Franz, che in tournée De André aveva soprannominato Due Orsi, contitolare oggi del sacro marchio assieme allo stesso Djivas. "Quando nel ’78 chiesi a Fabrizio di fare con noi quel salto nel buio mai avrei immaginato che l’esperienza ci avrebbe cambiato la vita ad entrambi".

Come accadde?

"I testi di Faber sono di un lirismo tale che, accostati alla nostra musica, creano qualcosa di unico e straordinario, destinato a durare nel tempo. Se ancora oggi abbiamo i teatri pieni, infatti, vuol dire che qualcosa s’è sedimentato. Tutto è cominciato con ‘La buona novella’, quando De André non pensava ancora di far crescere la melodia attorno alle sue parole. Anni dopo, ci ritrovammo in tour assieme e, davanti a pietre filosofali come ‘Amico fragile’ o ‘La guerra di Piero’ pensammo di creare una musica funzionale alla poetica che quei versi si portavano dentro".

L’affinità maggiore tra voi e De André?

"La nostra capacità più spiccata è quella di creare delle melodie all’istante, così come Fabrizio era capace di buttare giù l’idea di una canzone in tre minuti".

Oltre alla sua e a quelle di Djivas e Lucio Fabbri, la presenza di Premoli ricompone i 4/6 della Premiata Ditta di allora.

"Anche se non fa più parte della band, con Flavio i rapporti sono quelli di prima e averlo sul palco è sempre un gran piacere perché, soprattutto alla fisarmonica, regala alla nostra musica colori straordinari. Basta ascoltare ‘Un giudice’ per farsene un’idea".

Se c’è, dove sta il segreto?

"La nostra è sempre stata una musica narrativa, piena di idee, funzionale, quindi, all’efficacia dei testi importanti. È stato così pure con le canzoni di De André e la collaborazione fra noi ha aperto una strada che poi hanno provato a percorrere in molti".

Il primo incontro tra la canzone d’autore e un suono prog di successo pure all’estero. Grazie ai Måneskin il rock italiano sta avendo sul mercato internazionale un’altra grande opportunità.

"I Måneskin hanno trovato un bel modo di stare assieme. E nel rock mostrarsi una band coesa paga. Penso siano un buon gruppo… un buon gruppo italiano, cosa che, soprattutto in America, alimenta degli immaginari. A mio avviso debbono ancora lavorare sulla musicalità, ma di tempo davanti ne hanno parecchio".

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