
Barbasophia dal web al palco: "Pensare è un atto di ribellione"
Si intitola "Barbasophia, vite ribelli", la relazione-spettacolo che Matteo Saudino in arte Barbasophia, terrà stasera alle 21.30 nella corte di Villa Torlonia (San Mauro Pascoli), nell’ambito di Revèrso, a cura di Sillaba. Uno "spettacolo sul coraggio di pensare e sulla forza ribelle della filosofia", regia di Milo Scotton, produzioni Fuorivia. Matteo Saudino è docente di Storia e Filosofia nei licei di Torino, youtuber e scrittore. Ha un canale youtube con 310mila iscritti, 45 milioni di visualizzazioni e 93mila follower su Instagram. Attraverso questi strumenti affronta la filosofia e la storia come incontro col contemporaneo, per ragionare sulla società, sulla politica, sulle istituzioni e sull’istruzione, sui diritti e sulla giustizia sociale. Con Chiara Foà è autore del libro "Il prof fannullone. Appunti di una coppia di insegnanti ribelli nell’esercizio del mestiere più antico del mondo (o quasi)".
Professor Saudino, Barba(sophia) è un’autocitazione estetica o perché si dice di argomento che annoia?
"Beh, direi che abbino entrambi gli aspetti. I filosofi, almeno fino all’800 avevano la barba o vistosi baffi. Io la barba ce l’ho da quando avevo 18 anni. Solo una volta l’ho tagliata con grande ilarità dei miei studenti, allora l’ho fatta ricrescere. Ma la filosofia non è barbosa, tutt’altro".
Perché sostiene che fare filosofia sia un atto di ribellione?
"Perché va oltre la mediocrità del sopravvivere, si interroga sulla vita cercandone un senso a partire dall’essere umano, serve a capire la complessità della realtà: vivere è fatica, ma anche bellezza, stupore. La società va troppo veloce e la coscienza resta sepolta, imprigionata. Pensare è un atto di ribellione alla pigrizia, alla passività e all’obbedienza".
I filosofi del passato sono esempi attuali?
"Certamente, non sono modelli ‘spenti’, hanno fatto scelte morali e intellettuali che offrono spunti di riflessione, irraggiungibili da replicare, ma certamente esempi per capire il presente. Io li chiamo la mia ‘cassetta degli attrezzi’. Ragionare in modo libero, vuol dire mettere in discussione sé stessi e il mondo in cui si vive. Lo spettacolo attraversa cinque vite ribelli, da Ipazia a Giordano Bruno, da Democrito a Olympe de Gouges, per arrivare a Socrate".
Dalla cattedra a You Tube, e ora al palcoscenico. Questi modi comunicare hanno un denominatore comune?
"Il denominatore è la passione con cui fai le cose. L’insegnamento che sta alla base di tutti questi strumenti comunicativi si basa sulla relazione con l’altro. Nella filosofia di Platone, l’eros è la fonte principale di energia dell’anima, conoscenza, passione, viaggio lungo le meravigliose strade geniali e ribelli della filosofia".
Qual è il rapporto con i suoi allievi?
"Empatico, pedagogico, di dialogo, che non significa essere amichevoli: il docente insegna a costruire i cittadini del pensiero critico, ma io sono anche rigoroso nel valutare (non col voto ndr), competenze, preparazione del percorso. I ragazzi devono devono formare la propria opinione. E, aggiungo, i genitori non devono mettersi al posto nostro".
Perché intitolare il suo libro ‘Il prof fannullone?’
"Chiaro che è sarcastico, basato sulla delegittimazione dei media e sul mito del prof che fa tre mesi di vacanza e ha vari privilegi. Da parte di Foà e mia è un atto d’amore nei confronti dell’insegnamento che per noi resta sempre il mestiere più bello del mondo".