RAFFAELLA CANDOLI
Cronaca

C’è Euripide al Plautus Festival Va in scena ’Ifigenia in Aulide’

Appuntamento stasera a Sarsina con lo spettacolo dell’associazione Zerkalo per la regia di Alessandro Machia

C’è Euripide al Plautus Festival  Va in scena ’Ifigenia in Aulide’
C’è Euripide al Plautus Festival Va in scena ’Ifigenia in Aulide’

di Raffaella Candoli

"Ifigenia in Aulide", l’ultima delle tragedie scritte da Euripide, è il titolo dello spettacolo che stasera alle 21.30 all’arena Plautina di Sarsina, l’associazione culturale Zerkalo porta in scena per la regia di Alessandro Machìa, nella traduzione italiana e la drammaturgia di Fabrizio Sinisi. Nel ruolo di Agamennone, il protagonista maschile da cui muove tutta la drammatica vicenda, è l’attore siciliano Andrea Tidona, volto noto della tivù, del cinema e doppiatore. Il re dell’Argolide e capo supremo degli Achei nella guerra contro i troiani, impossibilitato a conciliare l’essere re con l’essere padre, manda a chiamare la figlia primogenita Ifigenia (Carolina Vecchia), col pretesto di concordare il suo matrimonio con Achille. Ma, si tratta di un vigliacco tranello: la giovane in realtà, è stata scelta come vittima sacrificale da immolare in onore di Artemide, affinché la dea consenta alla flotta greca, bloccata in Aulide, di riprendere il mare nella spedizione contro Troia. Mentre Agamennone è in preda al pentimento, la moglie Clitemnestra e il fratello Menelao (Paolo Lorimer), scoprono l’inganno, ma sarà proprio Ifigenia ad andare patriotticamente incontro al destino che il padre ha scelto per lei, offrendosi volontariamente alla morte. Tutto è pronto sull’altare; al momento in cui il sacerdote la colpisce alla gola, al posto di Ifigenia appare una cerva. La dea Artemide ha compiuto il prodigio? "Nella costruzione dello spettacolo – afferma Fabrizio Sinisi – ho voluto seguire il trattamento euripideo del mito cercando di far emergere la violenza che abita il testo e le contraddizioni di personaggi che Euripide presenta come umani troppo umani; la loro inadeguatezza al mito, l’abisso del privato al di sotto del mascheramento della parola pubblica, l’ambizione, la doppiezza. Tutto è ambiguo, apparente, a cominciare dal dialogo iniziale tra Menelao e Agamennone, da cui emergono due figure deboli, mediocri e velleitarie, che si scambiano accuse dicendo la verità l’uno dell’altro. Euripide crea una tensione tra il mito e la realtà, utilizzando il primo come mascheramento della seconda". Analogo trattamento di umana debolezza, Euripide riserva alla figura di Achille, eroe demitizzato, lontano dal mito omerico, incapace di salvare Ifigenia dalla feroce volontà degli uomini del suo esercito, che la vogliono immolare. "Ti sono apparso come un dio e non lo ero", ammette Achille a Clitemnestra che lo supplica di salvare Ifigenia.