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"Il mio Cristo deposto per papa Francesco"
Ha la drammatica passione umana, la dolorosa sofferenza delle ferite mortali, la grande statua metallica del Cristo deposto che l’artista cesenate Luciano Navacchia è in procinto di donare a Papa Francesco. Ancora emozionato per il privilegio riservatogli dal vescovo Douglas di partecipare con altri pellegrini della Diocesi all’udienza in sala Paolo VI in Vaticano, a conclusione delle celebrazioni per il bicentenario della morte del Papa cesenate Pio VII e di avere stretto la mano del pontefice, Navacchia, 78 anni, è supportato nella decisione di consegnare l’ opera a Papa Bergoglio, dai consensi che riscuote anche in questi giorni, in cui, insieme ad altre opere è in mostra fino al 5 maggio presso l’Officina dell’Arte di via Madonnina. Inoltre, l’artista ha in monsignor Piero Altieri e nelle sue conoscenze nelle "sacre stanze" un appassionato mentore. "L’opera – spiega Luciano Navacchia – realizzata attraverso l’assemblaggio di elementi metallici, con le saldature a vista, modellati e poi patinati, è il soggetto principale di un parziale Compianto realizzato nel 2021 per una collettiva d’Arte Sacra promossa dagli Amici del Monte alla Basilica del Monte di Cesena. Nel volto e nella postura mi sono ispirato alla Sacra Sindone".
Se dunque il Cristo deposto, è ora destinato in dono al Vaticano Navacchia è pronto ad una replica di un Cristo deposto che insieme alle sei figure bibliche iconografiche farà parte di un gruppo scultoreo che o la chiesa di S.Agostino, o Santa Cristina, oppure quella dello Spirito Santo accoglieranno permanentemente in città, come esempio di alto profilo artistico e spirituale della rappresentazione del Sacro. "Notevole è l’effetto scenografico delle statue - commenta il critico d’Arte Orlando Piraccini -v’è dunque da sperare che l’autore continui l’opera, creando le figure che ancora mancano al gruppo. Ci troveremmo
allora di fronte all’ ‘ultimo Compianto’ cesenate, concepito a distanza di tempo da quello eseguito da Ilario Fioravanti, a suo modo aggiornando i canoni della tradizione statuaria rinascimentale".
Raffaella Candoli