E’ finito ieri pomeriggio l’incubo durato quasi cinque anni e mezzo per Mirko Guerrini, 48 anni, ravennate: era a processo per eccesso colposo di legittima difesa perché il suo rivale in amore Antonio Rinelli, un camionista che aveva un anno in più di lui e abitava a Punta Marina, uno dei lidi ravennati, morì al termine di una lite furibonda. Una vicenda nata nel mondo delle balere, frequentate da tutti e tre i protagonisti.
Il processo è stato celebrato in tribunale a Forlì perché lo scontro fisico tra Guerrini e Rinelli avvenne a San Mauro Mare in via Orsa Maggiore, sotto l’abitazione di Manuela Castriotta, la donna che aveva avuto una relazione con Rinelli e poi si era messa insieme a Guerrini.
La sentenza con la quale Mirko Guerrini è stato assolto è stata letta dal giudice monocratico Marco De Leva ieri pomeriggio, ma per conoscerne le motivazioni sarà necessario attendere 90 giorni, il tempo massimo previsto dalla procedura penale per i casi di particolare complessità. Per ora si sa che il dispositivo della sentenza motiva l’assoluzione col secondo comma dell’articolo 530 del Codice di procedura penale, cioè la mancanza di elementi sufficienti per infliggere una condanna. In sostanza il giudice ha seguito l’impostazione iniziale del pubblico ministero Sara Posa che aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo nei confronti di Guerrini perché non c’erano elementi sufficienti per sostenere l’accusa. Successivamente, però, il caso era stato riaperto e Guerrini fu rinviato a giudizio per l’incalzare degli avvocati Fabio Anselmo e Alessandra Pisa che rappresentavano i famigliari di Rinelli.
Per arrivare alla conclusione del processo sono state necessarie undici udienze che si sono sviluppate nell’arco di due anni. Fondamentali le consulenze degli esperti di medicina legale che si sono incrociati in aula. Alla fine il pubblico ministero Laura Brunelli, subentrata a Sara Posa, aveva chiesto la condanna di Guerrini a sei mesi di reclusione per eccesso colposo di legittima difesa; l’avvocato di parte civile Alessandra Pisa si era spinta più in là: aveva chiesto che il processo si fermasse e venisse celebrato in Corte d’assiste con l’imputazione di omicidio volontario a carico dell’imputato. L’avvocato difensore Antonino Lanza aveva invece chiesto l’assoluzione dell’imputato ed è stato soddisfatto della sentenza, anche se la formula del secondo comma dell’articolo 530 del Codice di procedura penale lascia aperto uno spiraglio per un eventuale appello. "Per decidere sulla condotta da tenere aspettiamo di leggere le motivazioni della sentenza" ha commentato l’avvocato Alessandra Pisa.