Cesena, questa è una squadra speciale

Guidata da Massimo Buratti, è formata da 15 ragazzi con disabilità. Non gioca partite, ma si allena facendo passi avanti nella vita

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di Luca Ravaglia

"Cercavo uno stimolo, qualcosa che dopo 25 anni trascorsi nel mondo dei settori giovanili calcistici, mi facesse tornare la voglia di avviare progetti e rimettermi in discussione. Non era facile e in effetti non credevo nemmeno che sarebbe successo, perché a questo punto della carriera, la differenza non le fanno le posizioni in classifica, ma i valori".

Per Massimo Buratti, venticinque anni trascorsi come responsabile tecnico ed allenatore di svariate società, un sorriso vale molto più di un gol. Soprattutto quando a farlo è un ragazzo che convive con una forma di disabilità e che prendendo a calci un pallone trova le condizioni giuste per sentirsi a pieno titolo parte di un gruppo, insieme a coetanei che sono prima di tutto amici e poi, ma solo poi, compagni di squadra. E’ proprio da qui che parte il progetto di calcio integrato affiliato da anni al Cesena Calcio e che negli ultimi giorni, complice anche il forte interessamento mostrato dal co-presidente Robert Lewis, ha acquisito nuovo e deciso slancio. "E’ nato tutto quando una decina d’anni fa toccai con mano il progetto di un amico che aveva avviato qualcosa di simile ad Ascoli Piceno. Poco tempo dopo, quando da Savignano mi chiamarono per chiedere la mia disponibilità a un nuovo progetto giovanile, misi sul tavolo la proposta, che venne accolta e rappresentò veramente l’inizio di questo percorso".

Poco dopo Massimo Buratti ha avviato un progetto analogo anche a Cesena, dove il calcio integrato è diventato di casa da ben sei anni: "Attualmente – spiega – del gruppo fanno parte 15 ragazzi con disabilità intellettive e relazionali che hanno un’età compresa tra gli 8 e i 18 anni. Ci alleniamo una volta alla settimana, coinvolgendo di volta in volta gruppi pari età del settore giovanile bianconero. E’ un processo di crescita reciproca che ha cambiato la vita anche dei normodotati, prima di tutto facendo acquisire loro la consapevolezza che tutto quello che hanno non è affatto scontato e poi facendoli anche riflettere su quello che hanno e che non è per niente banale. Poi c’è lo zoccolo duro del gruppo, ragazzi che grazie allo sport possono scoprire appieno la naturale integrazione che si forma tra chi condivide una passione. Vederli felici, mentre si allenano allo stadio, è un una sensazione veramente ed unicamente impagabile". Quella di chi assapora il frutto di aver fatto la scelta giusta. Questo però non significa affatto che tutto sia facile. Anzi. "Non siamo nelle condizioni di gestire gruppi molto ampi, perché a ogni ragazzo vogliamo giustamente garantire il massimo supporto possibile; per questo contiamo su un team qualificato di sei allenatori, dei quali faceva parte anche Davide Biondini, ora impegnato in giro pe l’Italia col suo ruolo all’interno dell’Aic. C’è poi il fatto che molte famiglie sono ancora esitanti e forse anche timorose sul fatto di iscrivere i loro figli, temendo che questa non possa essere la soluzione giusta. Lavoriamo sodo per abbattere più barriere possibili, in ogni settore".

Ad alimentare l’entusiasmo c’è anche Robert Lewis, che ha accolto con grande favore ed entusiasmo il progetto, auspicando un aumento degli allenamenti (anche tutti i giorni) e l’arrivo a quota 100 iscritti: "E’ un grande piacere vedere la sua carica ed il suo coinvolgimento – chiude Buratti - Lewis parte da una mentalità che negli Stati Uniti è largamente più diffusa rispetto a quanto non capita in Italia e pone obiettivi veramente importanti. I numeri da lui indicati sono altissimi e di certo non si possono raggiungere dall’oggi al domani, ma siamo pronti a rimboccarci le maniche e continuare a lavorare sodo, con sempre più entusiasmo, con sempre più carica, con sempre maggiore energia".