Editoriale

Alluvione, l’ultima battaglia

Il cielo cade, l’Appennino si sgretola. E’ l’ultimo tragico fronte dell’alluvione che ha azzannato l’Emilia-Romagna. E fra le decine di paesi o frazioni isolati o quasi impossibili da raggiungere (oltre 300 frane per 500 strade chiuse) ce n’è una di cui vogliamo parlarvi, Casola Valsenio. Siamo sulle colline tra Senio e Santerno, una terra che profuma di lavanda e frutti dimenticati, la cui bellezza è ora violata da asfalto e crinali rivoltati. Un’egloga imputridita da 70 smottamenti il cui simbolo, però, resiste e diventa icona. Parliamo di Monte Battaglia, una collina di 715 metri su cui troneggiano le vestigia di una rocca che, per tutto il basso medioevo, è stata teatro di lotte per il controllo del territorio compreso tra Imola, Faenza e il crinale tosco-romagnolo.

Da qui, nei giorni tersi, si può allungare lo sguardo fino al Monte Cimone e all’Alpe di Succiso, ai Colli Euganei e alla Bassa Ferrarese, alla pianura e alla riviera adriatica ora gonfie di acqua e dolore. Qui, nel 1944, venne combattuta una delle più cruente battaglie tra i partigiani (con americani e inglesi) e i tedeschi. Non è un caso il toponimo. Oggi la battaglia è quella contro un nemico che resta ancora sconosciuto (il cambiamento climatico) e contro un nemico conosciuto (l’uomo con i suoi manufatti). Lo stesso Monte, molte battaglie, nemici diversi. Sarà un caso: ma qui, alla fine, i romagnoli se la sono sempre cavata. Con sacrifici. Perdite. Ma se la sono cavata.