Il rito delle occupazioni

Che tanti ragazzi giochino alla rivoluzione non è una novità e non sorprende. Sorprende, piuttosto, l'atteggiamento del mondo degli adulti, incline a chiudere un occhio piuttosto che a educare

Bologna è un fiorire di occupazioni scolastiche, alcune delle quali assai onerose per la comunità: decine di migliaia di euro di danni (ad esempio al liceo Fermi e all'Iis Belluzzi Fioravanti). I nobili intenti (la Palestina non manca mai) si traducono spesso in feste notturne, furti, risse, atti vandalici. Anche quando ciò non accade, resta l'abuso di un atto illegale compiuto da una minoranza a scapito della maggioranza, che di occupazioni non ne vorrebbe sapere.

Comunque, che tanti ragazzi giochino alla rivoluzione non è una novità e non sorprende. Sorprende, piuttosto, l'atteggiamento del mondo degli adulti, incline a chiudere un occhio piuttosto che a educare, come sarebbe invece suo dovere. Per dire, un mese fa il coraggioso preside di un liceo classico ebbe l'ardire di avvertire gli studenti e le loro famiglie che un'eventuale occupazione avrebbe avuto le ovvie conseguenze previste dalla legge.

Apriti cielo! Molti genitori gli si rivoltarono contro, indignati perché i loro piccoli Robespierre non avrebbero potuto esercitare il diritto sacrosanto di sovvertire il sistema. Perfino la Cgil scese in campo contro l'atteggiamento ''autoritario e repressivo'' del povero professore. Più o meno le stesse cose furono dette in consiglio comunale dal capogruppo di Coalizione civica. Insomma, in quella come in tante altre occasioni, la pretesa è che sia l'istituzione a spalancare le porte all'arbitrio di chi la contesta con metodi illegali.

Peccato, è uno strano modo di insegnare ai giovani il valore della battaglia civile, non violenta, bella anche quando è sbagliata, bellissima anche quando è perdente. Forse sarebbe più utile spiegare loro che chi compie un gesto di rottura, perfino illegale, deve essere pronto ad affrontarne le conseguenze, spesso in solitudine, e a pagarla cara, se necessario.

Gandhi e Mandela sono solo nomi con cui riempirsi la bocca? Invece questi rivoluzionari benedetti da mamma e papà sfoderano il coraggio arrogante di chi non rischia nulla, perché ormai le occupazioni scolastiche sono un rito, il conto economico lo pagano (raramente) i genitori e la bocciatura a fine anno non c'è mai. Ribelli sì, ma con le spalle ben coperte. E' come se gli assalitori della Bastiglia ne avessero chiesto le chiavi a Luigi XVI e lui gliele avesse consegnate col sorriso sulle labbra. Ragazzi miei, così che rivoluzione è?