"La barca del Lisippo? Sappiamo dov’è"

I registi Furiassi e Agostini, autori del docufilm in lavorazione, raccontano: "Vogliamo recuperare il relitto entro l’estate: non è impossibile"

"La barca del Lisippo? Sappiamo dov’è"

"La barca del Lisippo? Sappiamo dov’è"

di Anna Marchetti

Alla ricerca del relitto che trasportava l’Atleta Vittorioso. A 60 anni dal suo ritrovamento (14 agosto 1964) Francesco Furiassi e Francesco Agostini, autori di un docufilm e di un podcast inediti sul bronzo dello scultore Lisippo (Culto Production), si sono posti l’obiettivo di ricercare sul fondo dell’Adriatico, entro l’estate, l’imbarcazione che trasportava il prezioso carico. Ieri il progetto del docufilm di 5 puntate, da 50 minuti l’una, che andrà in onda sulle piattaforme on demand e del podcast dal titolo "Un mare di lire", è stato presentato all’iniziativa di Bene Comune "Il Lisippo che non vi hanno mai raccontato". Tra gli ospiti il Pm Silvia Cecchi (in foto con Furiassi) che ha avuto un ruolo centrale nella vicenda giudiziaria con il Getty Museum, dove la statua è esposta dal 1977.

Furiassi perché si è dedicato al Lisippo?

"Mia madre era direttrice del mercato ittico di Fano e sono cresciuto tra i racconti di mare. L’impossibilità di viaggiare durante gli anni del covid mi ha dato lo spunto per lavorare su un progetto a km 0".

Lei e il suo collega avete fatto una ricostruzione completa della ’strada’ percorsa dalla statua in questi 60anni.

"Sì, parliamo del suo ritrovamento in mare e della sua permanenza a Fano, del passaggio a Gubbio fino all’attuale collocazione al Getty Museum. Mettiamo a confronto l’Atleta Vittorioso con altri celebri bronzi come quelli di Riace o con l’Atleta croato pescato al largo di Lussino. Per concludere con un recap sociologico sul motivo per il quale la comunità fanese sente come propria quest’opera. Ci sarà anche un approfondimento su un direttore del Metropolitan Museum che venne a Fano nel 1979, a parlare con i pescatori fanesi, per realizzare un documentario proprio sul Lisippo".

Ma c’è un’altra ambizione...

"Sì, il ritrovamento del relitto su cui viaggiava la statua, non è una cosa impossibile da fare. Nel Tirreno c’è Guido Gay che con il suo catamarano (attrezzato per l’esplorazione dei fondali marini, ndr) ha individuato decine di relitti romani, altrettanto sta facendo un gruppo di Rimini. Servono alcune decina di migliaia di euro, speriamo di trovare qualcuno che voglia condividere l’investimento. Per noi la statua è stata pescata in acque internazionali, a una profondità di 80 metri, quindi più a sud di Fano: sappiamo dove cercare".

Se è così semplice perché in in questi anni nessuno si è impegnato nella ricerca?

"Non c’è mai stata la volontà politica di far luce sul ritrovamento. La localizzazione del relitto, secondo noi in acque internazionali, avrebbe messo in discussione la tesi del ritrovamento della statua in acque nazionali".

Uno dei ‘gialli’ dell’Atleta Vittorioso sono i piedi mancanti: secondo lei dove sono?

"Le piste in questi anni sono state diverse: una ricostruzione giornalistica di fine anni ‘80 parlava del viaggio dei piedi verso Londra, sempre in quegli anni un fanese sosteneva di possederli lui. Sappiamo che i piedi sono stati strappati nello stesso periodo in cui è stata ritrovata la statua (1964) perché il taglio era ’fresco’ non coperto da sedimenti. Qualcuno, tra gli stessi pescatori, avrebbe potuto ripescarli successivamente al ritrovamento della statua. Non possiamo escludere che siano ancora in fondo al mare".

Il docufilm raccoglie tante testimonianze: c’è anche qualcuno del Getty Museum?

"Un nostro collega, Davide Lomma, è andato negli Usa per fare interviste lì. Abbiamo tentato di contattare il Getty Museum ad ogni livello, ma senza successo: nessuno ci ha risposto".