Quando nonna Elisa ci portava a giocare nei giardini del Trebbio

Un'immagine di famiglia racconta la storia di un passato diverso. La palla di gomma diventa simbolo di un'infanzia segnata dalla guerra e dalla povertà.

Quando nonna Elisa ci portava a giocare nei giardini del Trebbio

Un'immagine di famiglia racconta la storia di un passato diverso. La palla di gomma diventa simbolo di un'infanzia segnata dalla guerra e dalla povertà.

Pazzesco, sono lì nella foto con un "pagliaccetto" da nano di corte, sulle spalle il mio fucile d’ordinanza, sono un figlio della lupa o un giovane balilla? Accanto a me, mio fratello Giuliano dai neri capelli lucidi, un dolce saluto a te, la terza è la cugina Marisa, dietro, gran guardiana che non sbaglia un colpo, la nonna Elisa. La figura dominante è la cugina Marisa, elegante vestitino bianco, gran fioccone sulla testa, in mano un attrezzo che allora era oro: una grossa palla di gomma vera, tutta colorata. Un regalo di suo babbo, lo zio Aurelio, dirigente delle Officine Reggiane, gran costruttrici di locomotive e di armi, ottima borghesia conservatrice, redditi solidi ai quali una gran palla di gomma gli faceva un baffo.

Invece io ancora sbalordito ricordo l’inverno del 1944 quando il mio compagno di scuola Cesarini, misero, occupava di straforo una villa al mare il cui proprietario se ne stava ancora nelle sue campagne a guerra appena passata. Un giorno andai a casa sua, praticamente vuota, dormivano sui materassi per terra, ma a un certo punto anche lì ecco spuntare una palla di gomma trovata in cantina. Le palle di gomma vera erano robe da signori, noi poveracci del centro storico ce le facevamo di pezza. Ma ci mancava il brivido di farla rimbalzare o di lanciarla con due mani ai tuoi compagni messi in cerchio nella ghiaia dei vialetti dei giardini pubblici del Trebbio, quelli sotto le mura dell’ospedale (nella foto). Perché è lì che, forse nell’estate del 1943, era stata scattata quella foto di gruppo memoria di un abituale pomeriggio domenicale quando la nonna, chioccia con grande covata, da via del Vallato ci portava a giocare in quei giardini lindi e curati, protetti dalla statua di Garibaldi con mano alla sciabola. Ah, come mi batte forte il cuore sapendo che proprio su quei giardini è stato allestito un altro sgambatoio per cani. Adesso sarà un po’ dura per Marisa far rimbalzare la palla fra le cacche e a me gettarmi sull’erba come un eroe in trincea imbracciando il mio fucilino che fa "pum!". Che mondo di m.... ragazzi!

f.b.