C’era una volta un’"isola felice". Infiltrazioni nella nostra provincia

Il territorio è considerato come un crocevia per attivisti islamici di passaggio

C’era una volta un’"isola felice". Infiltrazioni nella nostra provincia

C’era una volta un’"isola felice". Infiltrazioni nella nostra provincia

Non è la prima volta che il Fermano è oggetto di operazioni antiterrorismo. Esattamente un anno fa era scattato un blitz a Montegranaro, dove era stato scoperto una sorta di centro di smistamento dei clandestini provenienti dalle coste siciliane e gestiti dall’organizzazione internazionale sgominata dalla polizia con l’operazione "Wet Shoes", ovvero scarpe bagnate.

Nel febbraio 2023 gli uomini della Digos, tra le varie perquisizioni effettuate, avevano fatto irruzione in una casa di un 35enne di origini albanesi del centro calzaturiero, accusato di aver messo a disposizione un’immobile per accogliere gli immigrati illegali provenienti quasi nella totalità dal Nordafrica e sospettati di esser in contatto con cellule terroristiche. Immigrati che poi venivano smistati nelle varie località dove - con la complicità di medici, agenti di polizia municipale, impiegati dei centri di assistenza fiscale e comunali compiacenti – trovavano documenti falsi e rifugi sicuri. Ed proprio su questo filone che si erano sviluppate le indagini coordinate dalla Dia, Direzione investigativa antimafia di Ancona.

Gli inquirenti avevano già individuato un centro di assistenza fiscale nel Maceratese, ma poi era stato confermato che anche nel Fermano potessero esserci coinvolgimenti di tale genere. Il nostro territorio, secondo specialisti della Digos, era un ponte sicuro e lontano da occhi indiscreti sul quale transitavano moltissimi immigrati clandestini, anche diretti poi in altri Paesi stranieri europei. L’aspetto più inquietante dell’intera operazione è, però, il collegamento con le cellule terroristiche: tra gli stranieri che volevano raggiungere l’Europa grazie all’organizzazione, c’erano anche persone ritenute contigue a circuiti di combattenti impegnati in teatri di jihad. L’indagine, infatti, aveva costituito uno sviluppo investigativo dell’attività condotta dalla Digos di Roma, all’indomani dell’attentato terroristico del 19 dicembre 2016 a Berlino, compiuto dal tunisino Anis Amri, alla luce del pregresso soggiorno in Italia dell’uomo legato all’Isis, entrato come clandestino per poi spostarsi in Germania con falsi documenti di identità italiani.

In tutto erano state 44 le perquisizioni nei confronti di 18 indagati, a vario titolo, e di altre 26 persone considerate vicine all’organizzazione: tutte nelle province di Fermo, Ancona, Macerata, Ferrara, Catanzaro, Modena, Siracusa e Verona. Durante il blitz erano finiti in manette tre tunisini. Un’operazione, come quella messo a segno ieri, che dimostra ancora una volta le infiltrazioni sul nostro territorio, considerato un crocevia per attivisti islamici di passaggio, diretti spesso verso il Nord Europa.

fab.cast.