Da Philadelphia a Fermo. Stesso approccio sull’autismo

Il professor Giacomo Vivanti ospite del centro gestito da ’L’isola che non c’è’

Da Philadelphia a Fermo. Stesso approccio sull’autismo

Da Philadelphia a Fermo. Stesso approccio sull’autismo

E’ uno dei massimi esperti di autismo il professor Giacomo Vivanti, direttore di un importante programma di studio al Drexel autism institute di Philadelphia in America. In questi giorni è a Fermo, ospite del centro per l’autismo gestito dalla cooperativa L’isola che non c’è, per un momento di confronto e di aggiornamento. Vivanti, che ha due fratelli autistici e che su questo ha voluto concentrare i suoi studi, è un ricercatore molto apprezzato a livello internazionale, prima di Fermo ha visitato gli ambulatori dell’Isola che non c’è di Civitanova Marche: "Ho trovato qui lo stesso tipo di approccio che abbiamo impostato in America, ha commentato Vivanti dopo l’osservazione di alcuni casi clinici in carico a Fermo, la presa in carico precoce, entro i primi quattro anni di vita del bambini, è qui prassi consolidata, per un percorso terapeutico che punta sulle potenzialità delle persone piuttosto che sui limiti". Vivanti spiega che per tanto tempo sull’autismo c’è stata molta confusione, le famiglie che pure coglievano segnali precisi hanno ritardato la diagnosi per mancanza di consapevolezza, per una cultura che non c’è: "E’ sbagliato pensare che l’autismo sia una condanna, che bisogna costringere i ragazzi a fare certe cose piuttosto che altre. Quello che bisogna fare è invece capire cosa fa stare bene le persone con autismo e trovare il modo per fornire loro strumenti di comunicazione e di autonomia". Una cassetta degli attrezzi che serve anche alle famiglie e al mondo della scuola: "E’ chiaro che tutti devono andare nella stessa direzione, coprire gli spazi che si devono coprire, costruire e non distruggere quello che si conquista con la terapia. Ed è evidente che tutto questo si deve fare con i genitori che sono i massimi esperti di quel bambino con autismo, ovviamente. Poi, la scuola, che pure è uno spazio importante nella vita dei ragazzi, che deve saper accompagnare quello che si fa nei centri di riferimento. Se manca uno di questi anelli tutto diventa più difficile, più lontano il benessere delle persone con autismo e dei loro cari". Vivanti spiega che le ricerche mostrano come chi si trova alle prese con l’autismo cerchi notizie anche sui social: "Dove poi si trova di tutto, anche notizie fondate scientificamente ma a pari posizione con quelle che non hanno alcun fondamento. Dobbiamo fare in modo che si costruisca un percorso chiaro per dare esperienze ai diversi modi che ha il cervello di funzionare. Conosco ragazzi con l’autismo che sarebbero in grado di sostenere un lavoro grafico ma non passeranno mai un colloquio perché non sanno guardare negli occhi e magari comunicano a modo loro. E dove sta scritto che è giusto quello che ci aspettiamo da loro? Per fortuna oggi è un tema che sta a cuore a molte persone, anche l’Istituto superiore di sanità ha stilato linee guida analoghe a quelle del resto del mondo, dobbiamo trovare il modo per concentrare risorse e energie ad oggi ancora frammentate".

Angelica Malvatani