GIAN ALDO TRAVERSI
Cronaca

Beatles e Rolling Stones in jazz Il pianoforte abbraccia la leggenda Le improvvisazioni di Danilo Rea

L’artista si esibirà questa sera ai piedi dell’abbazia nell’ambito della rassegna ‘Musica Pomposa’ "È un omaggio agli inventori di note meravigliose, ho lavorato su successioni melodiche e tematiche".

Beatles e Rolling Stones in jazz  Il pianoforte abbraccia la leggenda  Le improvvisazioni di Danilo Rea

Beatles e Rolling Stones in jazz Il pianoforte abbraccia la leggenda Le improvvisazioni di Danilo Rea

di Gian Aldo Traversi

Pianoforte, ritmi e non-ritmi: il suo "love suprem" è lo strumento con cui alle sonorità nere Danilo Rea ha saputo dare bellezza e profondità, leggerezza e logica. Un’esemplare dimostrazione in tal senso il partner degli struggenti duetti con Chet Baker e Lee Konitz la darà stasera per piano solo nell’ambito di ‘Musica Pomposa’, format jazzistico che abbellisce Emilia Romagna Festival all’interno del parco San Guido Abate dell’antica abbazia (alle 21). Bouquet di magie che aveva già sfogliato con ‘Something in our way’, l’album del 2015 ispirato al repertorio dei Beatles e dei Rolling Stones. Un’ opera discografica in piano solo di 16 tracce sul filo di implosioni monkiane, in grado di far ribollire al di sotto della melodia un magma di accordi con cui scivola dal refrain ossessivo di ‘Let it be’ alla veemente ‘Angie’, passando per il ritmo di ‘Ob-la-dì Ob-la dà’ e l’energia di ‘Jumpin’ Jack Flash’.

Note sublimi che lanciano ed espandono le sensazioni oltre il mondo normalmente percepibile, come accade nel suo rapporto intenso con la musica classica. Scomponendo e ritessendo fino a spingere la musica su strade non più prevedibili, fino alla conclusione, anch’essa in qualche modo indefinita nel riflesso dell’improvvisazione. Un effetto del multistile di Rea da cui i followers sono contagiati, ricco di spunti mai ovvi, tra sequenze scure e concettose, a costo di rinunciare a certi vincoli dell’africanismo costi quel che costi. Facendo il verso a quanto è stato detto di Miles Davis, si potrebbe scrivere che l’artista romano ricercato in ambito pop sia nelle sale d’incisione che nei concerti dal vivo, fa diventare jazz qualsiasi materiale sonoro e al tempo stesso costringe il jazz a una costante ridefinizione dei propri confini. Aggiungendo che al pari di virtuosi quali Keith Jarrett e Uri Caine, sia che rovisti negli scaffali del tempo sia che investa in suoni inediti, può considerarsi il manifesto della versatilità che riafferma nel riarrangiamento del lascito beatlesianorollingstoniano.

"È un omaggio agli inventori di note meravigliose – spiega il virtuoso degli 88 tasti – che ho riscoperto appena mi sono rimesso a lavorare sulle successioni melodiche e tematiche. Qualcosa di simile a ‘Marinella’ e ‘Besame mucho’, per intenderci, che hanno accordi e struttura identici. Il cambio delle armonie ne è il trait-d’union, com’avviene nel mio studio di De André".