FEDERICO MALAVASI
Cronaca

Delitto Placati, il processo. Ultimo atto in Cassazione: "Saveri è colpevole". L’ergastolo è definitivo

Massacrata in casa, i giudici hanno rigettato il ricorso della difesa dell’imputato. Il compagno della vittima si era sempre professato estraneo al fatto di sangue. I legali dei familiari: "Si è chiusa una pagina dolorosa, un pensiero ai figli".

Delitto Placati, il processo. Ultimo atto in Cassazione: "Saveri è colpevole". L’ergastolo è definitivo

Delitto Placati, il processo. Ultimo atto in Cassazione: "Saveri è colpevole". L’ergastolo è definitivo

A uccidere Rossella Placati è stato il compagno Doriano Saveri. Con la sentenza della corte di Cassazione, la sua colpevolezza è diventata una verità giudiziaria. Pesante e inappellabile. Così come l’ergastolo, già inflitto dalla corte d’Assise di Ferrara e confermato dalla corte d’Assise d’Appello di Bologna. Ieri, davanti agli ‘ermellini’, la difesa dell’artigiano 48enne si è giocata le ultime carte dopo i pronunciamenti granitici dei precedenti gradi processuali. In serata, la Suprema corte ha emesso il suo giudizio, l’ultimo, rigettando il ricorso proposto dai difensori dell’imputato. Ergastolo definitivo, dunque. Una decisione che mette la parola fine al termine del lungo e complesso iter giudiziario iniziato quella maledetta mattina di febbraio in una casa di Borgo San Giovanni, alle porte di Bondeno. "Si è chiusa una pagina triste e dolorosa – dichiarano gli avvocati dei familiari della vittima, Riccardo Caniato e Filippo Maggi –. Nessuno potrà riportare in vita la povera Placati, ma almeno la giustizia ha stabilito la verità, riconoscendo la colpevolezza di Saveri. Un pensiero ai figli, che hanno tanto patito in questi anni". Nessun commento, per ora, da parte dei difensori del 48enne, gli avvocati Pasquale Longobucco e Alessandra Palma.

Il delitto. Il corpo di Rossella Placati, operaia 51enne, fu trovato la mattina del 22 febbraio del 2021. Fu lo stesso compagno a dare l’allarme. Sin da subito, Saveri ha respinto ogni addebito, professando fino all’ultimo la propria estraneità ai fatti. Le attenzioni dei carabinieri, coordinati dai pubblici ministeri Stefano Longhi e Lisa Busato, si concentrarono sin da subito sul compagno della donna, con cui la relazione era ormai al capolinea. A poche ore dal delitto fu fermato, unico sospettato dell’orrore consumato tra quelle mura. Rossella fu colta di sorpresa nella ‘stanza del trucco, una sorta di antibagno. Qui fu colpita con un coltello al torace e con un corpo contundente alla testa. Le armi del delitto, nonostante le lunghe ricerche, non furono mai trovate. In primo grado Saveri fu condannato all’ergastolo. Nelle motivazioni alla sentenza, i giudici della corte d’Assise scrissero che l’imputato non voleva "solo" uccidere. Voleva "eliminare colei che era divenuta la fonte della sua disperazione, della sua rovina, del suo stato di ‘demolizione’ interiore". Il delitto fu compiuto in modo "rapido e brutale", senza che la donna avesse avuto la possibilità di "approntare una seppur minima difesa". Saveri, scrivono ancora i giudici, si è potuto "aggirare per la casa, libero di muoversi indisturbato e senza destare sospetti". Le "brutali modalità dell’aggressione", si legge ancora nella sentenza, fanno emergere il movente del delitto, cioè "il desiderio di vendetta". L’Appello non ha fatto sconti e ha confermato la sentenza di primo grado. Le motivazioni della corte bolognese ricalcano in gran parte quella del tribunale estense, evidenziando "la ricorrenza di profondi sentimenti di acrimonia da parte di Saveri nei confronti della Placati, rafforzati dalla visione del telefono della vittima, il giorno precedente la morte". Nel cellulare che la compagna aveva lasciato incustodito in casa, l’artigiano aveva infatti scoperto messaggi inviati a parenti e amici in cui lo definiva "dedito agli stupefacenti, disinteressato alle dinamiche domestiche e anche alle condizioni di salute di lei". Con la decisione della Cassazione, le conclusioni raggiunte nei precedenti gradi di giudizio sono diventate definitive, facendo calare il sipario su un fatto di sangue che ha sconvolto un’intera comunità.