CRISTINA RUFINI
Cronaca

Falsi permessi di soggiorno . In trenta a processo: "Hanno dichiarato attività inesistenti"

Il rinvio a giudizio nell’ambito dell’inchiesta delle fiamme gialle. Le indagini scattate dopo la segnalazione dell’ufficio immigrazione.

Falsi permessi di soggiorno . In trenta a processo: "Hanno dichiarato attività inesistenti"

Falsi permessi di soggiorno . In trenta a processo: "Hanno dichiarato attività inesistenti"

In trenta dovranno presentarsi davanti al Tribunale di Ferrara per rispondere, a vario titolo, di falso legato ai permessi di soggiorno nell’ambito del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Lo ha deciso ieri il giudice dell’udienza preliminare, Silvia Marini, fissando la data di inizio del processo al 20 febbraio prossimo. Mentre altri sette imputati sono usciti dal procedimento per intervenuta prescrizione o perché risultati irreperibili. Un altro imputato ha invece definito la propria posizione con un patteggiamento. Dal procedimento era già uscito il commercialista che era stato ritenuto a capo di tutto il sistema di falsi. La sua posizione stralciata prima dell’arrivo in udienza preliminare.

Il sistema. Le accuse sono le stesse che abbiamo già incontrato in precedenti procedimenti simili: aver prodotto documentazione falsa per attestare l’attività lavorativa avvenuta, cioè le dichiarazioni dei redditi, fatture, e ottenere così il permesso di soggiorno, per rimanere in Italia. Oppure essere in grado di rinnovarne uno già precedentemente concesso. Le indagini della guardia di finanza hanno riguardato un arco temporale che va dal 2015 al 2019. I finanzieri hanno esaminato faldoni su faldoni di dichiarazioni dei redditi, per cercare corrispondenza tra quanto attestato e la realtà dei fatti – fiamme gialle che sono state coordinate dal pubblico ministero Isabella Cavallari (ieri in udienza preliminare presente il pm Stefano Longhi) – e al termine della fase preliminare che ha coinvolto una quarantina di persone, è iniziata la fase delle definizioni. A partire dal commercialista che elaborava le false dichiarazioni, per dare la possibilità agli immigrati di poter accedere al rinnovo del permesso di soggiorno. La sua posizione è stata subito stralciata dal filone principale e chiusa. Mentre c’è stata la definizione per le 38 persone per le quali era stato chiesto il rinvio a giudizio.

La segnalazione. Le indagini erano scattate da una segnalazione dell’ufficio immigrazione della Questura, per un accesso anomalo di istanze che giravano attorno a quello studio di commercialisti. Troppe. Gli accertamenti sono scattati per il sospetto che dietro a quelle partite Iva che facevano capo a extracomunitari di varie nazionalità: marocchina, tunisina, pachistana e slava. Secondo gli investigatori, nessuno degli imputati aveva veramente un’attività operativa: non c’erano macchine operatrici, capannoni o dipendenti, né, pare, sedi anche solo legali. Si sarebbe trattato in sostanza di ditte individuali fantasma, che esistevano solo nelle carte redatte dal commercialista. Dopo vari controlli incrociati, era emerso che il fatturato dichiarato, così come le spese sostenute per l’attività, compresi gli stipendi degli ipotetici dipendenti non trovavano corrispondenza nella realtà. Neanche su eventuali rapporti con i clienti. Per quanto riguarda, invece, i settori dove gli imputati dichiaravano di operare, erano i più disparati: commercio all’ingrosso, artigianato ed edilizia. Non si è trattato della prima inchiesta simile, altre ce ne sono state in passato, sempre della Guardia di finanza e sempre per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.