"Holding basata su forte esposizione bancaria"

Nel processo contro l'imprenditore Roberto Mascellani per bancarotta fraudolenta, il curatore fallimentare ha testimoniato sulle intricate operazioni finanziarie delle sue aziende, rivelando un pesante ricorso all'indebitamento e mancanza di risorse per affrontare la crisi del 2007/2008. La difesa sostiene che si trattasse di operazioni compensative.

FERRARA

Sul fallimento di Magazzini Darsena, Partxco e Sinteco, all’udienza di ieri del processo che vede imputato l’imprenditore Roberto Mascellani, per bancarotta fraudolenta, ha testimoniato anche il curatore fallimentare di Magazzini Darsena Enrico Baraldi. Il professionista, rispondendo alle domande del pubblico ministero Stefano Longhi, ha ricostruito l’articolata holding che faceva capo al noto imprenditore ferrarese. Partendo da Partxco che controllava Sinteco Holding , che a sua volta controllava Cir Costruzioni, la Sinteco Engineering e la Sinteco Real Estate. Con la Real Estate che controllava Magazzini Darsena: una fitta rette di intrecci che ha reso articolata l’esposizione del curatore fallimentare, il quale ha delineato la situazione di una holding pesantemente basata sui finanziamenti bancari. Condizione che non ha permesso di affrontare al meglio e superare il difficile biennio 2007/2008, con una crisi economica a livello mondiale che certamente non poteva essere prevista, ma che ha trovato la holding "priva di risorse finanziarie per poterla affrontare", ha sottolineato Baraldi.

"Si è trattato di un gruppo – ha proseguito il curatore fallimentare – che si era caratterizzato per il ricorso all’indebitamento". Per poi concludere che l’intera holding "era sostenuta da una rivalutazione patrimoniale senza che però a questa si associasse una effettiva realizzazione finanziaria". Nella seconda parte dell’udienza, nel pomeriggio, è stato ascoltato il curatore del fallimento Sinteco.

Il processo che vede imputato l’ingegner Mascellani (difesa Gian Luigi Pieraccini) ruota attorno ai numerosi passaggi di soldi (finanziamenti di svariate decine di milioni) da un’azienda a un’altra dello stesso gruppo, che per gli investigatori sarebbero state in realtà distrazioni di fondi dal capitale delle imprese, con denaro finito anche all’estero. Per la difesa si trattava invece di operazioni compensative, senza distrazione di risorse tra le aziende collegate.