NICOLA BIANCHI
Cronaca

L’omicidio di piazzetta Schiatti. Cazzanti, i perché dell’assoluzione: "Uccise in preda ai suoi deliri"

Le motivazioni della sentenza nei confronti dell’assassino di Roberto Gregnanini "I suoi disturbi hanno compromesso in modo totale la capacità di intendere e volere".

L’omicidio di piazzetta Schiatti. Cazzanti, i perché dell’assoluzione: "Uccise in preda ai suoi deliri"

L’omicidio di piazzetta Schiatti. Cazzanti, i perché dell’assoluzione: "Uccise in preda ai suoi deliri"

"Al momento del fatto, Michele Cazzanti era affetto da grave forma di disturbo psicotico di tipo paranoide che ha compromesso in modo totale la sua capacità di intendere e volere. Una grave alterazione del pensiero per la presenza di un delirio strutturato". Poche righe che mettono la parola fine all’omicidio di piazzetta Schiatti. Ricordate? Tre marzo 2022, cuore del centro storico: da una Glok Fab 130 partono otto colpi, uno dei quali a segno, contro il dipendente comunale Roberto Gregnanini, morto dopo sei mesi di agonia. A pigiare il grilletto il collega Michele Cazzanti (difeso dall’avvocato Fabio Anselmo), assolto per incapacità di intendere e volere e costretto in una Rems per la durata di 15 anni. Ora ecco l’ultima parola con i perché di quella decisione.

STATO MENTALE

Nelle 15 pagine del gup Carlo Negri si parte da un punto fermo: le valutazioni psichiatriche, "scientificamente ineccepibili", del perito nominato in incidente probatorio, Luciano Finotti. Cazzanti, che fin dalla giovane età era seguito da professionisti e nel tempo ha continuato ad assumere farmaci, per il giudice "ha agito su richiesta del proprio delirio persecutorio", in una manifesta "infermità psichica" che, come da chiara pronuncia della Cassazione, ha fatto crollare l’ipotesi avanzata dall’accusa della premeditazione. L’imputato, che da subito aveva ammesso ogni responsabilità, vedeva in Gregnanini una sorta di nemico, "uno di quelli che si erano comportati male nei suoi confronti". E che "preferiva non vederlo più". Un atteggiamento che già il consulente del pubblico ministero, che trovò concordanza piena nei colleghi, aveva definito proveniente da "un disturbo delirante, una psicosi paranoidea, che configurano una propria infermità mentale tale da abolire nel caso di specie la capacità di intendere e volere dell’indagato".

Cazzanti, aggiunge il giudice nelle motivazioni della sentenza, "comprende la gravità delle accuse che gli vengono rivolte e ammette la propria responsabilità pur giustificandola con argomentazioni deliranti. Si rende conto della possibilità di essere sottoposto a una sanzione alla fine del giudizio, sanzione che vive come inevitabile, in assenza di qualsiasi elaborazione delirante della vicenda processuale".

PERICOLOSO

Pochi dubbi sulla pericolosità sociale del ferrarese di 58enne e sul suo conseguente ricovero in una struttura. Una Rems (residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza), "l’unica idonea a contenere la pericolosità sociale ravvisata". Se infatti, è il ragionamento del giudice, Cazzanti "non venisse tenuto in condizione di stretto controllo e di trattamento, potrebbero ricrearsi situazioni di rischio di reiterazione di gesti violenti, risultando in concreto prevedibile una ricaduta in un franco scompenso analogo a quello che lo ha determinato alla condotta addebitata". Perché l’imputato ha "evidenziato da sempre una polarizzazione quasi assoluta sull’ideazione persecutoria, impermeabile a qualsiasi possibilità non solo critica, ma anche di confronto e discussione".

CAUSA CIVILE

Ma perché Michele Cazzanti possedeva un porto d’armi e una Glock calibro 9, nonostante "turbe psichiche pregresse", antidepressivi assunti per anni e una famiglia preoccupata per la sua situazione? Punti interrogativi finiti in un fascicolo-stralcio, dove comparve il medico di base dello sparatore che poi venne prosciolto, e ora al centro della causa civile che la famiglia della vittima (rappresentata dall’avvocato Simone Bianchi) sta ultimando.

PORTO D’ARMI

Già dal 2012 i familiari di Cazzanti richiesero "consulenze psicologiche" per quel figlio "affetto da manie di persecuzione". Un figlio che si sentiva perseguitato da vicini di casa, colleghi di lavoro, avvocati, addirittura "seguito come un giocatore dagli ultras". E che per sedare quella sua "ideazione delirante di tipo paranoidea", ricorda ancora il giudice in sentenza, assunse su prescrizione il Solian, antidepressivo dal 2015 al 2017. Ma nonostante quel pregresso difficile e problemi che mai lo hanno abbandonato nel tempo, il 24 agosto 2020 venne dichiarato idoneo all’uso di armi con tanto di certificazione del Dipartimento di sanità pubblica dell’Ausl da presentare infine alla questura.