FRANCESCO FRANCHELLA
Cronaca

Maraini ospite dell’istituto Gramsci: "Rossanda e la fiducia nella ragione"

Domani incontro nella sala conferenze della Cgil sulla giornalista e militante Pci, cofondatrice de Il Manifesto. La scrittrice: "Avevo con Rossana un rapporto di amicizia, che si è intensificato al tempo del femminismo".

Maraini ospite dell’istituto Gramsci: "Rossanda e la fiducia nella ragione"

Maraini ospite dell’istituto Gramsci: "Rossanda e la fiducia nella ragione"

Dacia Maraini è attesa a Ferrara domani per un incontro pubblico su Rossana Rossanda, cofondatrice del quotidiano Il Manifesto, militante e dirigente del Pci, intellettuale di grande senso critico, capace di relazionarsi con le figure più importanti della cultura europea. L’evento è organizzato da Istituto Gramsci, Cgil, Anpi, Isco e Udi e si intitola ‘La ragazza del secolo scorso. La politica come educazione sentimentale’. Appuntamento alle ore 17, nella sala conferenze della Cgil (piazza Verdi 5).

Maraini, che rapporto aveva con Rossana Rossanda?

"Avevo con Rossana un rapporto di amicizia, che si è intensificato al tempo del femminismo. Rossana, da comunista idealista, era stata diffidente verso il femminismo che il partito considerava un prodotto del capitalismo. Ma essendo una donna intelligente e autonoma, approfondendo l’analisi storica e conoscendo le giovani femministe, ha poi deciso di stare con noi".

La politica come educazione sentimentale. Cosa significa per lei? Forse si collega anche al motivo per cui Rossanda andò incontro all’espulsione dal Partito Comunista stesso.

"No, se Rossana fu allontanata dal partito è perché aveva criticato la politica di Stalin. Ma soprattutto perché non è stata d’accordo con l’abbandono dell’Ungheria al tempo della rivolta contro il comunismo sovietico e la condanna di Nagy".

Oggi si è persa questa dimensione di educazione sentimentale nella politica?

"Non so se parlerei di educazione sentimentale, ma piuttosto di fiducia nella ragione e nella libera scelta al posto di una fedeltà cieca al partito e al paese di riferimento".

C’è anche un ferrarese che ha interpretato la politica (e la letteratura) in maniera storica e sentimentale: Giorgio Bassani, tra i fondatori di Italia Nostra.

"Era una visione più logica che sentimentale. Che riguardasse i sentimenti c’era soprattutto l’empatia per i popoli che stavano soffrendo per le profonde trasformazioni del comunismo, che da utopia bellissima stava diventando un totalitarismo burocratico. Un capitalismo di Stato".

Collegandoci al discorso politico, siamo in aria di elezioni, ma la sensazione è di un disinteresse sempre più ampio verso il voto e la politica in generale. Crede ancora nella politica? Andrà a votare?

"Certo che andrò a votare. E inviterei tutti a farlo. Il voto, più che un dovere, è un diritto e tanti hanno combattuto per ottenerlo. Che la politica sia impopolare non c’è dubbio, ma dipende da una trasformazione culturale che ha privato i popoli degli ideali rendendoli dipendenti solo dal potere. Rifiutando il voto non si dà un parere, semplicemente si crea un vuoto che viene riempito dai più intraprendenti e dai meno scrupolosi".

Un altro uomo che ha pienamente vissuto l’evoluzione del mondo culturale del secolo scorso, fino alla morte, è Roberto Pazzi.

"Roberto era un amico e mi dispiace molto che se ne sia andato così presto. Era un uomo di grande comunicativa, appassionato di storia e di geopolitica".

Lei cosa pensa della letteratura di Roberto Pazzi?

"Penso che i suoi romanzi storici esprimano un grande talento affabulatorio. Io ho amato soprattutto ‘Cercando l’imperatore’. Ma anche altri, come ‘Conclave’ o quello su, Cesarione figlio di Cleopatra, ‘La stanza sull’acqua’. Scritti bene e con passione".

Cosa pensava Roberto Pazzi di Ferrara?

"Amava la sua Ferrara, conosceva bene la storia della sua città e ne ammirava le radici e il talento dei suoi intellettuali. Mi parlava spesso di Bassani".