Matteotti, l’anniversario: "Il primo film sul martire, un tributo di mio padre. Florestano Vancini"

La figlia del grande regista racconta come nacque la celebre pellicola a cento anni dal brutale omicidio per mano di una squadraccia fascista. Oggi si svolgeranno le commemorazioni dei ‘X Martiri’ di Porotto.

Matteotti, l’anniversario: "Il primo film sul martire,  un  tributo di mio padre. Florestano Vancini"

Matteotti, l’anniversario: "Il primo film sul martire, un tributo di mio padre. Florestano Vancini"

di Mario Bovenzi

FERRARA

Esordì con La lunga notte del ‘43 (1960), tratto dal racconto Una notte del ‘43 di Giorgio Bassani, film per alzare il velo sulla nostra storia. Una vita nel rumore secco di ’ciak, si gira’. Poi la tv e di nuovo il cinema con ‘E ridendo l’uccise’. Florestano Vancini, nato a Ferrara il 24 agosto 1926, è ricordato in una piazzetta, il velo bianco che scopre il nome in uno slargo. Anche la scuola d’arte cinematografica porta il suo nome. E’ il regista dell’impegno civile, della storia raccontata con i suoi volti, quelle espressioni che sembrano uscire dallo schermo. Impegno che trova la massina espressione con ‘Il delitto Matteotti’, siamo nel 1973. Nasce un capolavoro. Il martire ucciso da una squadraccia fascista è interpretato da Franco Nero; Mario Adorf indossa la maschera cupa di Benito Mussolini (sarà definita la migliore interpretazione del dittatore nella storia del cinema). Vittorio De Sica è Mauro Del Giudice, magistrato che indagò sul delitto per amore della verità. Gli costò la carica. Era una delle ultime interpretazione di De Sica.

"Quel film è una pietra miliare della storia italiana. Il primo film ad indagare su un omicidio che ha segnato il paese, allora ed anche adesso con il ricordo che viene tributato al martire. In modo particolare oggi, a cento anni dal quel tragico anniversario. Il giugno del 1924", così racconta l’amore per il padre Gloria Vancini. La figlia del regista vive a Roma, dove Florestano si era trasferito per portare avanti il suo lavoro. Ma Ferrara è nel suo cuore, le vacanze al mare da bambina al lido Degli Estensi, ombrelloni e nostalgia, granelli di sabbia dove s’impiglia la memoria.

Cento anni dalla morte di un eroe italiano, crede che sia attuale il film di suo padre?

"Assolutamente sì, credo che dovrebbe essere proposto con maggior forza. Non solo magari in momenti particolari, ma essere previsto nei palinsesti tv. I nostri ragazzi devono sapere, devono ricordare. E quel film è una testimonianza, è impegno. Così come voleva mio padre"

Ricorda le reazioni quando è uscito? Siamo negli anni Settanta

"Venne acclamato come un capolavoro, del resto basta guardare agli attori che facevano parte del cast. Dei giganti. La sinistra accolse con entusiasmo quella pellicola, non ricordo momenti di protesta da parte della destra. Del resto quelle immagini, quelle interpretazioni erano una grande testimonianza. Un modo anche per fare i conti con il passato, l’Italia voleva ricordare per guardare avanti"

Suo padre, com’era?

"Una persona molto affettuosa e sensibile, di una modernità assoluta. A cominciare dal rapporto con le donne"

Il cinema, come lavorava?

"Con grande scrupolo, era molto pignolo. Prima di realizzare un film si documentava sulla storia, approfondendo il periodo con uno studio continuo, approfondito, capillare. Per realizzare uno delle sue pellicole arrivò a raccogliere documenti e ad approfondire la vicenda anche 20 anni. Se qualcuno gli avesse chiesto cosa hai fatto nella vita, avrebbe risposto ‘Ho letto’. Aveva una biblioteca immensa"

Sul set, era severo?

"Era attento a tutto. Ricordo quando si accorse che una comparsa portava l’apparecchio ai denti, fece un scenata. Si girava ’E ridendo l’uccise’. Ma anche lì, nonostante le tensioni che comporta essere regista ed essere regista così come lui l’intendeva, era molto vicino alle vite non solo dei protagonisti, ma anche delle comparse. Il suo tratto distintivo era certamente la grande umanità, un signore del cinema. Era un uomo dolcissimo. Ero orgogliosa di avere un padre così, quando ero bambina vedevo la grande differenza che c’era con gli altri genitori"

I suoi film, cosa ricorda?

"Posso dire di averli vissuti tutti, ero sempre al suo fianco sul set. Quando arrivavo gli si illuminavano gli occhi, mi correva incontro a braccia aperte. Mettiti qui, mi diceva. E stai buona, buona"

Il delitto Matteotti, come è nato?

"Quando scriveva la sceneggiatura era estate, eravamo ormai alla fine delle scuole. Io studiavo a casa con un’amica. Lui lavorava in un’altra stanza, era una cosa meravigliosa vederlo al lavoro, la sua vita. Era bello avere un padre che si dedicava con tanto amore al mestiere di regista. Forse il ’Delitto’ ha avuto più riconoscimenti all’estero che in Italia. Ebbe comunque un grande successo, piacque molto, c’erano interpretazioni fantastiche. De Sica era meraviglioso, Franco Nero eccezionale. Poi c’era Adorf, il miglior Mussolini della storia del cinema"

Ferrara?

"Qui ha avuto riconoscimenti. Si era trasferito a Roma ma il sogno della sua vità era tornare a vivere a Ferrara. La sua città, il suo amore".