Ferrara, nessuno compra la trattoria Gigina. "Rischia di morire una tradizione"

Aperta dal 1901, il titolare vuole vendere: "Ho 73 anni, non ce la faccio più". Offerta dei cinesi rifiutata

La trattoria Gigina (Businesspress)

La trattoria Gigina (Businesspress)

Ferrara, 3 novembre 2022 - Una foto in bianco e nero, un po’ sfocata. C’è una bici appoggiata al muro – una bici da donna –, un ombrellone a spicchi. In un lato dello scatto si vede una Fiat Bianchina a cavallo dei binari. In alto, l’insegna. Trattoria bar e nulla più. Sotto quell’insegna sono passati volti e storie. Si sono intrecciati ricordi nel profumo lieve della zucca e della nostalgia, nel sapore d’inverno della salamina. Correva l’anno 1901 quando ‘La Gigina’ apriva i battenti. E’ la data impressa in qualche ingiallito documento anche se le origini si perdono un po’ più in là, nel velo della nebbia. In quello ancora più spesso della memoria.

"Ho 73 anni e non ce la faccio più", Franco Baglioni è nato tra quelle pareti dove risuonano le voci di avventori che sono entrati ed usciti dalla porta di una lunga storia che rischia di essere ormai all’ultima fermata. Il titolare – la sua famiglia è dietro quel bancone da generazioni –, da mesi vuole vendere. Ma nessuno si fa avanti per mettere piede nella cucina da dove sono usciti – un fiume in piena – quintali e quintali di tortelli alla zucca. La cifra iniziale è scesa, scesa ancora nella ricerca di una famiglia che sia pronta a portare avanti una tradizione, all’angolo tra via Darsena e via San Giacomo isola senza tempo tra ’caplit’ e ’caplaz’ che rischia di sgretolarsi sotto i colpi di questi tempi moderni. Qualche anno fa si fermò nel parcheggio un Suv bianco, si aprirono le portiere. Scese una coppia di cinesi. La valigetta l’avevano, ma il denaro era caro anche a loro. "Mi dissero che dovevo ’tagliare’ di almeno tre volte la cifra di 100mila euro, indicai loro la porta", ricorda Baglioni. Dopo quella trattativa ’bruciata’ prima ancora di cominciare nessuno si è presentato per mettere la firma in un atto di vendita davanti al notaio dela storia. E Franco resiste, la moglie Paola al suo fianco, la figlia Laura che dà una mano. Ma non basta per andare avanti. Si sfogliano le pagine, si va verso il capolinea. I binari del treno scorrevano tanti anni fa proprio lì davanti. C’è un’altra foto, in un angolo. Sembra un disegno. Si vedono i tavolini a destra e a sinistra dei binari. "Ragazzi, in piedi, arriva il treno", diceva l’oste quando quelle poche locomotive facevano sentire la loro voce, magari un fischio stridulo. "Allora – racconta il titolare – si mettevano i tavoli anche sui binari, quando passava qualche treno – in quegli anni erano pochi – i clienti li spostavano. Poi tutti tornavano al loro posto". Negli anni Sessanta diventa un luogo di ritrovo dei tifosi della Spal. Ordinavano panini con una fetta di salama, accompagnato da ’bionda’ Pedavena che schiumava nello stivale da un litro. Ma i piatti forte erano i cappelletti e i cappellacci di zucca, il fritto di pesce. "Io sono nato qui dentro nel 1943, mio padre è nato qui nel 1914. Sono passate generazioni. Ancora adesso mi scrivono amici da tutto il mondo, persone che hanno affondato il cucchiaio in un piatto di tortellini. Ho visto arrivare studenti, prima con le fidanzate. Poi sono passati a trovarmi che avevano la moglie, ancora con la moglie e i figli. Adesso vedo arrivare i figli con le loro famiglie. E’ la vita. Ciò che dura nel tempo diventa tradizione, noi siamo tradizione".

Subito oltre la porta c’è la targa di ’bottega storica’, è stata consegnata dal Comune. La grande avventura attorno al tavolo comincia con Erminia, moglie di Roberto Zaccaria che lavorava al mulino. Erminia morì troppo presto così l’attività rimase in mano alla primogenita, la Gigina. "Era mia nonna – racconta Franco – aveva 19 anni quando cominciò, su pentole e fornelli ci sono le impronte digitali di cinque generazioni. Avrei potuto scrivere un libro". In tanti si sono fermati tra quei tavoli e tra leggenda e realtà gira voce che abbia varcato la soglia della Gigina pure Buffalo Bill. "Spero che questo posto venga rilevato da una famiglia pronta a fare sacrifici, che consideri magari i clienti persone di famiglia. Come abbiamo fatto noi. Abbiamo calato così tanto il prezzo del locale che ormai è regalato", sottilonea amaro. Ma nessuno bussa alla porta della vecchia ’Gigina’.