Oggi in Certosa l’ultimo saluto a Roberto Pazzi

L’inchiostro, sulle pagine dei libri, apparterrà ai ricordi. Ma se è vero che si muore sol...

L’inchiostro, sulle pagine dei libri, apparterrà ai ricordi. Ma se è vero che si muore solo quando si è dimenticati, Roberto Pazzi vivrà a lungo nel ricordo di chi lo apprezzato e stimato. Come scrittore, come poeta, come estroso declamatore di liriche.

L’ultimo saluto al ‘professore’ sarà questa mattina, a partire dalle 10.40, nella chiesa di San Cristoforo alla Certosa. Pazzi è scomparso sabato 2 dicembre. Aveva 77 anni e dal 24 novembre scorso era ricoverato a Cona, a causa di una malattia di cui da tempo soffriva. Il cordoglio è stato unanime. Profondo. "Ferrara perde un suo grande faro – ha scritto il sindaco, Alan Fabbri – nessuno come Roberto Pazzi ha saputo descrivere la sua città, cui era profondamente legato". Anche il sottosegretario alla Cultura, presidente di Ferrara Arte e amico personale di Pazzi, lo ha ricordato con parole affettuose. "È il poeta – ha detto Sgarbi – che più di tutti ha sentito Ferrara come città dell’anima, dove vivere e morire, come è stato, in una dimensione inevitabilmente metafisica. Le sue poesie, i suoi libri, i suoi racconti ci accompagneranno come momenti della vita e della sensibilità ferrarese più autentica". "Amico di una vita – ha scritto la sorella, Elisabetta Sgarbi (La nave di Teseo) – te ne sei andato quando è arrivato il tuo ultimo, finale libro, ‘Doppia Vista’: uno scambio tra vita e vita, tra vita terrena e vita letteraria, che ha eluso la morte". "Con Roberto Pazzi – aveva aggiunto l’assessore alla Cultura, Marco Gulinelli – perdiamo un uomo di cultura e di vita, un poeta che ha lasciato un segno profondo nella letteratura e nella cultura di tutto il Paese". Al di là delle mura estensi, forse più che dentro le mura stesse, Pazzi è stato un artista amato e apprezzato. Tant’è che gli attestati di stima e cordoglio che sono arrivati soprattutto dal mondo della cultura ‘extra’ ferrarese sono stati tantissimi. Forse vale il detto che nessuno è profeta in patria. Roberto Pazzi lo è stato. Perché gli artisti di vaglia non hanno bisogno di appartenenze, sono per tutti. L’altrove.