L’antica chiesa arsenale dei partigiani

L’antica chiesa  arsenale  dei partigiani

L’antica chiesa arsenale dei partigiani

La chiesa di San Giacomo Maggiore del Carmine a Imola si affaccia a mezzogiorno sulla via Emilia. Edificata nel 1323 su autorizzazione di papa Giovanni XXII, ampliata insieme al convento nel 1479 e nel 1500, venne modificata nel 1720 su progetto dell’architetto milanese Domenico Trifogli. Al suo interno vi è un raffinato coro ligneo ornato da intagli di Fausto Zamboni e al centro del presbiterio si eleva un grande altare in marmi policromi del XVIII secolo. La navata della chiesa è unica e su di essa si aprono sei cappelle disposte simmetricamente rispetto all’altare maggiore. Degni di menzione, anche se non visitabili dal pubblico, sono la sacrestia, cui si accede attraverso una porta dipinta, il refettorio vecchio, il settecentesco scalone monumentale di accesso al convento e un vasto corridoio, oggi adibito a pinacoteca. Questa chiesa, della quale era parroco don Giulio Minardi, dopo l’8 settembre del 1943 divenne il rifugio di molti militari sbandati, profughi, militari alleati già prigionieri di guerra, disertori polacchi e russi arruolati forzatamente dai tedeschi, ebrei, partigiani e dirigenti politici ricercati dai fascisti. Nel periodo di maggiore affluenza la chiesa e le strutture attigue ospitarono circa 350 persone. All’interno del Carmine e della colonia di Ortodonico vennero ricettate armi e vestiario per il movimento partigiano. Il 14 aprile del 1945 nella chiesa si tenne una riunione nel corso della quale si decisere l’insurrezione di Imola. Silvio Alvisi, socialista e anticlericale, ha scritto che se don Minardi fosse stato scoperto sarebbe stato passibile di fucilazione per i reati di "partecipazione a complotto armato, ricettazione di armi e munizioni e occultamento di persone". Il sacerdote, nominato cappellano delle carceri di Imola, si prodigò a favore dei detenuti. Per la sua preziosa opera, ha ricevuto attestati dalla comunità israelitica, è stato insignito di medaglia d’oro come filantropo e patriota e lo Stato gli ha assegnato un’onorificenza al merito della Repubblica.

A cura di Andrea Podestà