"Ancora scritte oscene È una gogna senza fine"

La mamma che aveva raccontato al Carlino la sua odissea dopo la separazione "Insulti a caratteri cubitali davanti alla chiesa dove mio figlio doveva cantare"

Migration

di Paola Pagnanelli

"Ancora scritte umilianti contro di me, con il mio nome e cognome. Per quanto ancora i miei figli ed io saremo costretti a subire questa gogna? È umiliante trovarsi infamati in questo modo, e accorgersi che di quanto possa essere doloroso per noi un simile attacco, feroce e costante, non importa a nessuno". È sempre più esasperata la giovane professionista maceratese, da mesi tormentata da qualcuno che la perseguita, e che sta alzando un muro intorno a lei e ai bambini. "L’ultimo episodio – racconta la donna, che vive in un piccolo centro della provincia – è avvenuto domenica. Mio figlio doveva andare a cantare le canzoni di Natale con la scuola, ma sul muro davanti alla chiesa è comparsa di nuovo una scritta gigante, con il mio nome e cognome e un insulto volgare. Ho dovuto smettere di portare lui e la sorella ai giardini, perché c’erano le stesse scritte persino all’interno dei giochi per bambini, anche in occasione di una manifestazione proprio per i bambini. Ogni mattina devo leggere gli insulti contro di me sull’asfalto e sui guard rail della strada che devo fare per andare a lavorare. Sono arrivate lettere anonime con la stessa frase, il mio nome e cognome e una parola volgare, nella via dei miei genitori, e nell’ufficio dove lavoro. In questo paese nessuno ci invita più, siamo isolati perché tutti, credo, hanno paura di venire coinvolti in una situazione spiacevole. Quanto possiamo andare avanti così, e perché? Devo aspettare che i miei bambini vengano derisi o bullizzati dai compagni di classe, che come tutti avranno letto quegli insulti contro di me? Possibile che non ci sia una difesa? Possibile che io non possa semplicemente avvicinarmi alla mia famiglia e al mio posto di lavoro"? A tenere bloccata la donna purtroppo c’è un provvedimento del tribunale, che dopo la separazione dal marito – che per altro abita in un altro paesino – le impedisce di lasciare il paese in cui vive per trasferirsi a Macerata. Il trasferimento le eviterebbe di fare la strada, spendendo soldi e perdendo tempo, e le renderebbe più semplice l’organizzazione della vita dei bambini, che avrebbero a disposizione nonni e zii, oltre a un contesto più sereno. "Non voglio impedire al padre di stare con i figli – precisa la professionista –, voglio solo smettere di perdere soldi, tempo e salute. Nel paese dove sono nati i bambini non hanno più amici, e non hanno i servizi che avrebbero a Macerata. Costringerci a rimanere qui è penalizzante in primis per i miei figli".